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Dedico questa pagina ai Boschi della Sardegna, da me tanto amati, proponendo un passo dello scrittore Mauro Corona. Nel suo

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Carnevale, ogni dolce vale

Casalinghe disperate... mai♥

Vitigni Autoctoni Sardi

Il termine autoctono riservato ad un'uva significa che quel vitigno è nato e si è sviluppato in un preciso luogo geografico adattandosi al territorio che lo ha ospitato fin quasi a fondersi con esso. Così come accade per i nobili casati, che vantano alberi genealogici che affondano sicuri nei meandri del tempo, anche l'uva autoctona per essere tale deve risiedere nel luogo di origine da parecchi anni.
In Italia possiamo vantare un patrimonio costituito da oltre un centinaio di uve autoctone di consolidata tradizione, alcune molto conosciute, altre in via di estinzione. Per fortuna i vini prodotti con uve autoctone oggi sono di gran moda, perché sono ricchi di personalità e rappresentano una buona risposta all'omologazione mondiale del gusto.

Bacca Rossa
Aglianico, Albarenzeuli Nero, Aleatico, Ancellotta, Barbera Sarda, Bovale, Bovale Grande, Caddiu, Cagniulari, Canaiolo Nero, Cannonau, Caricagiola, Carignano, Dolcetto, Gaglioppo, Girò, Greco Nero, Malvasia Nera, Monica, Nieddera, Nieddu Mannu, Pascale, Sangiovese

Bacca Bianca
Albarenzeuli Bianco, Arvesignadu, Biancolella, Clairette, Falangina, Forastera, Malvasia Bianca di Candia, Malvasia di Sardegna, Moscato Bianco, Nasco, Nuragus, Retagliado Bianco, Sauvignon, Seminano, Torbato, Trebbiano Toscano, Vermentino, Vernaccia

ALBARANZEULI BIANCO (Sardegna) Questo vitigno sardo a bacca bianca, denominato pure Albillo ed Albicello, ha delle omologie genetiche con l'Albanello/a marchigiano o siciliano. Si tratta di un vitigno rustico, piuttosto produttivo, resistente alle crittogame, in grado di dare buoni risultati enologici soprattutto se vinificato in uvaggio con altre varietà locali. La sua origine è alquanto incerta, probabilmente di lontana provenienza spagnola, è attualmente in via di estinzione. La sua diffusione, estremamente limitata, riguarda alcuni Comuni dell'oristanese, dove viene denominato Lacconargiu o Lacconarzu, e qualche vecchio vigneto del nuorese. Non sono note le caratteristiche organolettiche dei vini ricavati dalla sua vinificazione in purezza.

ARVESIMIADU (Sardegna) Questo vitigno probabilmente autoctono sardo è anch'esso a rischio di estinzione. Conosciuto anche con il nome di Arvu Siniadu, Argu Ingiannau o Uva Oschirese, è diffuso sporadicamente in provincia di Sassari, talvolta in Campidano. É un vitigno molto vigoroso con grappoli grossi ed allungati, molto spargoli, con acini piccoli, ben adattato a terreni leggeri di collina, preferibilmente granitici. Le sue uve vengono esclusivamente vinificate insieme ad altri vitigni per la produzione di vini bianchi comuni, dunque non se ne conoscono le caratteristiche organolettiche peculiari.

BOVALE (Sardegna) Affine per certi versi al Mourvedre, al Morastrell ed al Minustrello della Corsica, questo vitigno a bacca nera, detto anche Bovaleddu, si è probabilmente differenziato nel corso dei secoli dal Bovale Grande, o Bovale di Spagna. Dal punto di vista ampelografico, esso si caratterizza per una produttività elevata, una buona adattabilità a diversi climi e ambienti ed una media tolleranza alle principali crittogame. Solitamente vinificato insieme ad altre varietà locali, alle quali apporta colore, acidità e corpo, esso entra nella produzione della DOC Mandrolisai, prodotto nelle province di Nuoro e di Oristano, e Campidano di Terralba, prodotto nelle province di Cagliari e di Oristano.

CADDIU (Sardegna) Conosciuto con altri nomi, tra cui Caddu a Bosa, Niedda Perda Sarda a Terralba e Caddiu Nieddu a Oristano, esso è diffuso quasi esclusivamente nella Bassa Valle del Tirso, consociato ad altre varietà a bacca nera. É una varietà molto vigorosa, mediamente produttiva, con una discreta resistenza ai freddi invernali ed alle crittogame. Le sue uve vengono utilizzate solo assieme ad altri vitigni per la produzione di vini rossi comuni, ma anche quale uva da tavola, data la consistenza e la dimensione degli acini.

CAGNULARI (Sardegna) Vitigno a bacca rossa di probabile origine spagnola, è diffuso soprattutto nel sassarese. In Gallura viene chiamato a volte "Caldareddhu". Deriva con tutta probabilità dal Bovale di Spagna, sebbene per molti caratteri sia confrontabile con il Mourvedre. Viene coltivato soprattutto nei terreni di Usini, con interessanti realtà dedicate a questo vitigno anche nei comuni di Ossi, Tissi, Uri, Ittiri, Sorso ed Alghero. É un vitigno utilizzato come vino da taglio per contribuire alla produzione di un vino rosso da pasto.

CANNONAU (Sardegna) Le origini e la provenienza del vitigno Cannonau non sono conosciute con certezza assoluta, ma tutti sono concordi ad ipotizzarne la comparsa in Sardegna, proveniente dalla penisola iberica fin dall'inizio della dominazione spagnola sull'isola. Comunque stiano le cose, il Cannonau ha di fatto trovato in Sardegna un habitat ideale, godendo l'immediato favore dei viticoltori locali che lo hanno diffuso praticamente in ogni angolo dell'isola, fino a fargli ricoprire circa il 20% di tutta la superficie vitata del territorio. Il Cannonau viene usato nella produzione di rossi, rosé e di vini a sostenuta gradazione alcolica. La zona DOC del Cannonau di Sardegna comprende l'intera regione, che a sua volta è divisa in tre sottozone: Oliena (incentrata sui comuni di Oliena e Orgosolo in provincia di Nuoro), Capo Ferrato (che include i comuni di Castiadas, Muravera, San Vito, Villaputzu e Villasimius in provincia di Cagliari) e Jerzu (incentrato sui comuni di Jerzu e Cardedu in provincia di Nuoro).

CARICAGIOLA (Sardegna) Di origine incerta, questo vitigno a uva rossa è diffuso quasi esclusivamente in Gallura. Secondo alcuni sarebbe autoctono, secondo altri proveniente dalla vicina Corsica (dove viene chiamato Bonifaccencu o Carcaghjolu Nero, ovvero "nero che dà molta uva"); secondo altri ancora deriverebbe dal Vermentino Nero toscano o sarebbe imparentato con il Mourvedre Nero o Bonvedro portoghese. Di costituzione vigorosa ed elevata produttività, rustico, preferisce terreni di natura silicea, dove da luogo a vini di colore rosso rubino acceso, con aroma di frutti rossi, ricco di tannini, di acidità contenuta.

CARIGNANO DEL SULCIS (Sardegna) Ancora una volta ci troviamo di fronte ad un vitigno di origine incerta. La tesi più accreditata, basata sull'analisi dei suoi numerosi sinonimi dialettali, lo vuole proveniente da occidente, probabilmente dall'Aragona, in Spagna, da dove si diffuse, assumendo via via nomi diversi, dal sud della Francia fino all'Algeria ed alla Tunisia. In Sardegna si sarebbe concentrato nella zona sud-occidentale grazie alla sua resistenza ai venti ricchi di salsedine provenienti dal mare. Dalla sua trasformazione si ottengono dei gradevolissimi vini da pasto, capaci di vivere con successo una propria vita commerciale.

MONICA (Sardegna) Non si hanno notizie certe riguardo alla sua origine. Sarebbe stato introdotto in epoca remota dai Mori. Più probabile appare invece la teoria che vuole il vitigno Monica provenire dalla Spagna; sviluppatosi inizialmente nell'algherese venne poi diffuso nel resto dell'Isola ad opera dei monaci camaldolesi. Quest'ultimo evento sarebbe alla base della denominazione del vitigno. Il vitigno Monica è il più diffuso in Sardegna, in pratica si trova ovunque con le sue ovvie differenze qualitative. La DOC fa una distinzione fra il Monica di Sardegna e il Monica di Cagliari. La zona di maggior produzione è compresa fra Cagliari, Iglesias ed Oristano ed è considerato il più rappresentativo fra i vitigni rossi.

MOSCATO BIANCO (Sardegna) Il Moscato è uno dei vitigni più diffusi e caratterizzati di tutta l'Europa vinicola. Tra i tanti suoi diversi cloni, in Sardegna è diffuso da tempo immemorabile il "Moscato Bianco";, la cui presenza può essere fatta risalire all'epoca dell'occupazione romana. Qui, nel corso dei secoli e con il concorso dei diversi terreni e delle differenti condizioni pedoclimatiche, le sue caratteristiche si sono differenziate dal ceppo continentale originario. Nell'ambito delle diverse aree geografiche dell'Isola, hanno origine vini ben differenziati: Moscato di Sardegna, Moscato di Cagliari, Moscato di Sorso-Sennori.

NASCO (Sardegna) Già conosciuto in epoca romana, questo vitigno a bacca bianca deriva il suo nome dal latino "muscus" ovvero "muschio", per via del caratteristico aroma avvertibile specialmente nell'uva matura e nel vino invecchiato.La sua diffusione, limitata all'entroterra di Cagliari, avvalorerebbe l'ipotesi di una sua introduzione attraverso l'approdo di Karalis. Mediamente vigoroso e produttivo, esprime le sue migliori caratteristiche su terreni piuttosto sciolti, in aree a clima caldo e asciutto, dove esprime una mediocre resistenza alle avversità climatiche ed ai principali patogeni. Attualmente la sua coltivazione, ridotta a pochi ettari, è circoscritta alle aree viticole di alcuni Comuni in provincia di Cagliari, dove è alla base della DOC Nasco di Cagliari, prodotto nelle province di Cagliari e Oristano. Il vino che se ne ricava è liquoroso, di colore giallo dorato, con delicati aromi di moscato e di mandorla amara, di media struttura, con fin di bocca piacevolmente amarognolo.

NIEDDERA (Sardegna) Il nome sta ad indicare un vitigno dalla buccia scura, in grado di dare origine a vini fortemente colorati. Nulla si sa di certo su questa antica varietà sarda, anche se, secondo alcuni autori, il Nieddera sarebbe un particolare biotipo di Carignano. Il Nieddera è diffuso in pochissimi esemplari nelle zone di Cagliari, Nuoro ed Oristano. Viene utilizzato per la produzione di un vino di eccellente qualità il Valle del Tirso IGT Nieddera rosato della Casa Vinicola Contini.

NURAGUS (Sardegna) L'origine del vitigno Nuragus si perde nell'arco dei tempi: è certamente uno dei primi vitigni introdotti in Sardegna, con molta probabilità dai navigatori fenici all'atto della fondazione della città di Nora, i cui ruderi si trovano ai margini meridionali della pianura del Campidano. Questa ipotesi è basata oltre che sul nome (il prefisso "nur" è di derivazione fenicia), anche sull'area di diffusione, limitata appunto alla pianura retrostante l'approdo. Questo vitigno non ha particolari esigenze pedoclimatiche, resiste abbastanza bene alle crittogame e ha un'ottima produttività: infatti raggiunge nei vigneti tradizionali ad alberello anche i 100 q/ettaro, quando in analoghe circostanze altri vitigni difficilmente arrivano ai 50 q/ettaro. Questa è una delle ragioni per cui all'atto della ricostituzione dei vigneti fillosserati si è preferito il Nuragus al senz'altro migliore, ma più delicato, Semidano. Dalla vinificazione del Nuragus si ottiene l'omonimo vino DOC Nuragus di Cagliari nelle tipologie frizzante e amabile; inoltre l'uva raccolta anticipatamente viene utilizzata per la produzione di base di spumante brut. Il vino comune ottenuto dai vigneti tradizionali, di facile maderizzazione, viene usato come vino da taglio o vino base per la preparazione di vermouth.

VERMENTINO (Liguria e Sardegna) E' un vitigno giunto in Liguria dalla Spagna nel 1300. Ben adattato alle caratteristiche locali produce uve bianche di pregio che entrano nei vini delle Cinque Terre. Bene anche la Sardegna. Dà vini freschi, delicati, moderatamente aromatici.

VERNACCIA DI ORISTANO (Sardegna) La denominazione "Vernaccia" viene spiegata come derivante dal latino "vernaculus", che significa "del posto", oppure "locale". Secondo l'ipotesi più accreditata, l'introduzione di questo vitigno in Sardegna sarebbe dovuta ai Fenici che l'avrebbero introdotta attraverso il porto di Tharros. La Vernaccia di Oristano, da non confondersi con la Vernaccia di San Gimignano, è diffusa e coltivata esclusivamente in Sardegna, nella Valle del Tirso da sempre famosa per la coltivazione pressoché esclusiva di questo straordinario vitigno sardo (uno dei pochi a potersi definire realmente autoctono). Dallo stesso si ricava l'omonimo vino DOC, dal colore giallo, dorato e ambrato, dal profumo delicato, alcolico, con sfumature di fiori di mandorlo e un sapore fino, sottile, caldo, con leggero e gradevole retrogusto di mandorle amare. Gradazione minima 15,5 gradi e invecchiamento obbligatorio di due anni in botti di castagno o di rovere. É un buon vino da fine pasto. Con una gradazione di 15,5 gradi e tre anni di invecchiamento la Vernaccia può portare la qualifica superiore; per la riserva occorrono, invece, quattro anni di invecchiamento. Si produce anche nei tipi Liquoroso dolce e Liquoroso secco o dry, con un invecchiamento di due anni e una gradazione di 16,5 gradi nel tipo dolce e di 18 gradi nel tipo secco o dry. Tipologie indicate come vino da dessert e da meditazione. Particolarmente interessante è il metodo di produzione: il vino viene affinato in botti di castagno o di rovere tenute in parte vuote, in ambienti soggetti a forti sbalzi termici.

Ho tratto l'elenco descrittivo sui vitigni autoctoni sardi da
http://www.parlapa.com/_news/page20/page17/page13/page13.html

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