L'agrifoglio, simbolo dell'inverno e del Natale, è stata considerata una pianta portafortuna ancor prima del Cristianesimo. Si credeva proteggesse
...Vogliamo fare un viaggio alla ricerca della identità agro-pastorale, percorrendo l'isola di Sardegna in lungo e in largo, disegnando una costellazione di piccoli centri abbarbicati sulle montagne e di deliziosi borghi nascosti tra la macchia mediterranea, dove con i loro piccoli musei ci raccontano della vita nei campi, come si coltivava la terra e come si pascolavano le greggi.
Un mondo antico custodito in palazzi d'epoca o semplici case padronali, ci aspetta con le porte aperte.
Meravigliosi nomi si danno in Sardegna al pettirosso; gli Algheresi lo chiamano consigliere, gli Oristanesi occhio di bue, i Sassaresi frate Gavino, e a Desulo iscargiu orrobiu. Questo uccelletto spavaldo fa qui i suoi nidi, e dura tutto l’anno. La leggenda vuole che annunci l'arrivo del freddo e della neve con il suo canto che si può udire per tutto l'inverno. Infatti è considerato il simbolo del nuovo anno e della rinascita in generale.
E' un uccello dalla vivacità inesauribile. Si muove sul terreno con una rapida successione di lunghi balzi, in posizione quasi curvata per un passo o due, poi si arresta in atteggiamento eretto, facendo vibrare talvolta ali e coda. Se incuriosito o eccitato, inclina rapidamente il corpo da lato a lato, muovendo ali e coda. Il volo è solitamente lento e breve. Il suo nome scientifico è Erithacus rubecola e raggiunge la lunghezza di 13/15 cm e ha la fronte, i lati del capo, la gola ed il petto rosso-arancio. Le parti superiori sono di un colore bruno oliva mentre l'addome è bianco; sia il becco che le zampe sono brune. Non c'è differenza fra soggetti di sesso diverso. Raggiunge un peso massimo di 16 grammi.
Nonostante l'aspetto apparentemente mansueto e diversamente da quanto si possa credere per un uccello di così piccole dimensioni, il pettirosso è estremamente aggressivo e territoriale nei confronti dei suoi consimili e di altre specie di piccoli uccelli. Se due esemplari dello stesso sesso dovessero venir confinati in uno spazio delimitato i pettirossi si azzufferebbero tra loro fino alla morte di uno dei contendenti o addirittura di entrambi. Il pettirosso si nutre soprattutto di vermetti, lumache e insetti.
Ispirandoci all'arte giapponese per riparare con l'oro gli oggetti in ceramica frantumati, conosciuta come Kintsugi, proviamo a ridare vita ad un piatto che pensavamo di aver perso per sempre. Con questa tecnica non si vuole nascondere la storia dell’oggetto, ma la si vuole enfatizzare tramite la riparazione. L'oggetto riparato diventerà più prezioso per la sua unicità, per la presenza dei pigmenti d'oro e soprattutto per il lavoro delle mani amorose che lo hanno trasformato.
L'arte del Kintsugi, che si basa sul concetto che l'arte ha la capacità di trasformare un'imperfezione in una perfezione estetica legata alla crescita interiore, ricorda tanto il modo di fare delle nostre nonne che non buttavano via nulla perché in ogni oggetto c'è una storia che può rivivere.
Ecco come recuperare un piatto frantumato e trasformarlo in PIATTO VINTAGE CON LE CREPE DORATE
Occorrente
piatto o qualsiasi oggetto di ceramica, rotto
colla epossidica bicomponente
polvere dorata o argentata
pennellino per le rifiniture
alcune bacchette per mescolare i componenti
piattino e bicchiere di plastica per contenere i componenti
Procedimento
Posizionate i pezzi del piatto su un piano. Mescolate la colla bicomponente con la polvere dorata o i pigmenti scelti. Applicate abbondantemente l’impasto ottenuto sulle crepe in ceramica, in modo che risulti ben visibile. Tenete per alcuni in posizione le parti da incollare. La pressione farà fuoriuscire l'impasto. Con il pennellino ripassate con attenzione l’incollatura, in modo che l'impasto si spanda bene anche fuori dal solco della rottura e la riparazione assuma un colore oro intenso. Lasciate asciugare per alcune ore, e il gioco è fatto.
Il rumore dei campanacci dei Mamuthones si sente ancora in lontananza, così come il profumo della frittura carnevalesca ma la primavera è arrivata e i profumi si trasformano in sentori speziati e colorati. La bella stagione allieterà il cuore dei nostri bambini e le tavole di tutte le famiglie sarde verranno decorate con le uova pasquali e i piatti tipici della tradizione.
E quale migliore occasione per un regalo ai nostri lettori?
InsulaGolosaRicette ti regala Le ricette di Sardegna in tavola, un ricettario per la tua primavera in cucina, per non farti scordare di quanta è bella la Sardegna.
Siamo abituati ad utilizzare le erbe aromatiche e le spezie in cucina, ma è bene sapere che sono ottimi per preparare i profumi per l'ambiente. Provate a spargere nell'aria note di cannella o rosmarino, gli ambienti della vostra casa saranno avvolti da un'aurea magica e profumata, molto invitante.
Il rito del buon mangiare è legato al luogo della cucina con le sue stanze attigue, il suo arredamento e il suo allestimento. La tradizione vuole che in cucina ci sia sempre la legna da ardere sistemata vicino al camino e che il forno per il pane, situato nel cortile, sia pronto per essere acceso almeno una volta alla settimana. Gli oggetti di uso quotidiano, come i cesti e le pentole, sono appesi alle pareti; gli utensili da cucina, perfettamente puliti, sostano ordinati sulla mensola. Alle finestre le tende di lino, con le pavoncelle decorate a pibiones, fanno entrare dolcemente la luce abbagliante del sole, riscaldando le stanze.
InsulaGolosaRicette vuole dedicare questa pagina al Corredo buono de sa domu, per intenderci, quello di nonna, ossia l'insieme di tovaglie, tovaglioli, grembiuli, copriletti, tende e..., tutti realizzati a mano con materiali naturali e preziosi.
Piccoli paesi, borghi antichi, centri quasi disabitati, città metropolitane... in Sardegna ogni comunità ha il suo santo, o la sua santa, da venerare e da omaggiare con sagre e feste a loro dedicate.
Tra le tante curiosità che InsulaGolosaRicette può raccontarvi sulle feste religiose, abbiamo scelto S'Arramadura, perché richiama i profumi e i colori della natura.
Ogni tanto sfoglio l’album delle mie fotografie e nelle prime pagine rivedo me con le mie sorelline a giocare in aperta campagna tra i fiori di cisto e di asfodelo. Scatti di felicità con gli zii e i parenti tutti. Sorrido e penso che ora spetta a me regalare ai miei nipotini gli stessi momenti spensierati.
Quindi perché non organizzare un picnic da fare invidia agli americani? Intanto ricordiamoci che i bambini non amano stare troppo tempo in auto, scegliamo così una località vicino a casa dove possono giocare a palla, correre, arrampicarsi sugli alberi, senza incorrere in infortuni gravi, magari vicino ad una fattoria o ad un ovile per stare a contatto con gli animali.
InsulaGolosaRicette vi suggerisce il kit e il menù del picnic perfetto very country.
Il mangiare è un piacere e, se accompagnato dalle buone maniere diventa anche alla moda. Ecco alcuni consigli di InsulaGolosaRicette per star bene a tavola.
La notte prima del 2 novembre è alle porte e la sera si tinge di mistero. Una volta all'anno, le anime dei morti ritornano dall'aldilà e vagano per le vie del paese.; tra i vivi cresce il desiderio di incontrarle.
Nelle case si accendono piccole lanterne (lantias) per illuminare e indicare loro la strada. Sono attesi con affetto e rispetto. Le tavole vengono imbandite con tovaglie ricamate e stoviglie ricercate che le famiglie portano fuori solo nelle occasioni importanti. I prodotti autunnali sono i protagonisti: non mancano mai le fave secche (i cibo dei morti), le castagne, le noci e le nocciole. Tutta la notte è dedicata agli spiriti che per una notte ritornano in famiglia come un tempo che fu.
Ad accogliere le anime ci sono anche i bambini che si travestono con vecchi abiti e si dipingono la faccia con il carbone. Impazienti come solo i giovani sanno fare, tra le risate e un po’ di paura, bussano alle porte dei vicini recitando le litanie in dialetto:
“seus benius po is animeddas”(siamo venuti per le anime);
“mi das fait po praxeri is animeddas” (dammi qualcosa per le anime);
“seu su mortu mortu” (siamo le anime morte);
“carki cosa po sas anima”; (dateci qualcosa per le anime);
Tutte richieste di accoglienza e di doni per le anime dei morti. I paesani aprono gli usci e offrono ai piccoli dolci fatti in casa e frutta secca. I bambini ne fanno incetta e scappano felici, così fino a tarda sera, casa dopo casa. Sui tetti si intravede un barbagianni che sorvola silenzioso nel cielo scuro, guardiano dei vivi e dei morti.
Nelle case illuminate le donne continuano a preparare i dolci per le anime, primo tra tutti il pane dei morti, su pani e' saba, una sorta di piccola pagnotta dolce realizzata con la sapa (mosto di vino) e le noci o le nocciole. Ha un profumo intenso di frutta tostata e di spezie, di legni e di bosco.
E' usanza diffusa consumare su pani e' saba (molto simile alla pabassinas, ma più morbido e più piccolo) davanti al fuoco acceso, con un bicchiere di buon vino secco.
E così un’altra notte è passata, un rito che si ripete nella notte dei Defunti da tempi remoti, quando in Sardegna vivevano solo le Janas nelle domus scavate nella roccia e i Gentiles, i giganti di bell’aspetto, a cui si deve la costruzione dei magnifici monumenti funerari megalitici, presenti in gran parte dell’isola.
Nella tradizione gastronomica sarda la gallina ha sempre avuto un posto d'onore. Fino a qualche decennio fa esisteva perfino la gallina di razza sarda, oramai estinta a causa dell'introduzione di altre razze e soprattutto per il cambiamento della società.
Era facile trovarla nei cortili delle case campidanesi o nei stazzi contadini.
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