Kastangia burda, Castànza de India
Nei giardini, nei parchi, nei viali, nelle case cantoniere e nei giardini di scuole o di edifici pubblici si può
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Finalmente la bella stagione è arrivata con tutte le delizie dell'orto. La cucina si colora con le verdure saporite e profumate: pomodori, peperoni, melanzane, carote, cipolle, cetrioli, e ovviamente le superlative zucchine che si prestano a tanti tipi di preparazione.
Serve solo un po' di fantasia e come per magia, si portano in tavola piatti delicati e sofisticati come le stesse zucchine, eleganti per forma e colore: verdi scure e allungate con striature più chiare, verdi chiare a forma di clava, verdi chiare a buccia striata, tonde chiare, tonde scure, a collo d'oca gialle, e infine lunghe e bianche.
L'introduzione in Sardegna della zucchina si fa risalire al XIX secolo. Numerose le ibridazioni spontanee o ad opera dei contadini che hanno creato diverse varietà locali, tutte ottime; le forme e i colori sono simili, ma ciascuna ha le sue peculiarità: solo gli indigeni e gli attenti consumatori sanno riconoscerle. Ricordiamo la zucchina di Gavoi, di Bonnanaro, di Bosa, di Laerru, di Scano Montiferro, di Armungia, di San Nicolò Gerrei. E, infine, la regina isolana, liscia all'esterno e compatta all'interno, la zucchina bianca sarda il cui nome inganna perché in realtà è giallo-verde...
Il sole irradia luce già dal primo mattino. Sento la carezza del vento di scirocco che porta i profumi della prima estate, sentore di elicriso e salsedine, di rosmarino e rose selvatiche.
Vorrei addormentarmi sulla sabbia della mia spiaggia preferita e aspettare che le onde della risacca mi sveglino dolcemente. Quanti sogni ho fatto su quella spiaggia, quanti viaggi ho immaginato solo guardando l'orizzonte lontano, dove il blu del mare ha il colore dell'inchiostro più scuro.
Lì dove il cielo si unisce all'acqua, per secoli fenici, romani, spagnoli, e pirati saraceni hanno scorrazzato fino a raggiungere le coste dove popoli più eletti avevano costruito pozzi sacri, nuraghi e non ultime le tonnare.
Epopee di genti che nel bene e nel male hanno disegnato la nostra vita, la nostra storia e la nostra cultura enogastronomica.
Per tutto l'inverno fino ad aprile inoltrato, nel Campidano cagliaritano è facile scorgere intere distese di eleganti boccioli verdi con sfumature violacee, fieri si mantengono eretti, sotto i frequenti venti di scirocco e maestrale. Non sono tulipani, non sono orchidee, ma sono gli ortaggi più amati dai sardi, i carciofi spinosi.
Belli e saporiti sono il vanto della nostra terra. A dir il vero c'è anche il rovescio della medaglia: nel parlare comune, quando si vuol sminuir qualcuno, si dice "Parisi una cancioffa", ovvero "Sembri un carciofo".
Non so spiegare il perché di questi antipodi, forse dipende dal fatto che il carciofo, per quanto bello sia appena sbocciato, si rovina facilmente e le sue spine sono molto fastidiose.
L'unica cosa certa è che i carciofi sono molto saporiti. Il loro profumo, intenso e floreale, si unisce perfettamente alla loro consistenza, tenera e croccante. Inoltre il loro gusto, amarognolo e dolciastro insieme, è una caratteristica che li rende molto versatili in cucina.
Il carciofo spinoso della Sardegna è il re dei campi isolani, con la sua corona spinosa. E' riconosciuto in Europa e nel mondo con la denominazione di origine protetta (DOP) nel 2011.
Oltre al carciofo spinoso, in Sardegna è diffuso il Masedu, caratterizzato dall'assenza di spine, tant'è che in lingua sarda significa mansueto e inerme.
Nelle tavole dei sardi lo spinoso è presente da ottobre fino a maggio quando gli ultimi tagli regalano l'ultimo suo profumo intenso e floreale. La sua consistenza è tenera e croccante e il gusto è corposo con equilibrata sintesi di amarognolo e dolciastro.
Solitamente viene consumato crudo, ottimo in pinzimonio, in insalata e con la bottarga a fette, ma è anche cotto con l’agnello o le patate.
InsulaGolosaRicette propone un contorno tipico della tradizione contadina, molto semplice da preparare, i Carciofi ripieni arrosto, una delizia da provare.
Il carciofo è un ortaggio originario del bacino del Mediterraneo. Ne abbiamo testimonianze nella civiltà egizia e greca. Fu coltivato anche nel periodo romano per le sue proprietà gastronomiche e salutistiche. L'odierno nome del carciofo deriva forse dalla parola araba Harsciof o Al-Kharsuf che significa spina di terra e pianta che punge. Ci hanno sempre fatto credere che il carciofo fosse un ortaggio di aspetto poco bello per via delle sue spine appuntite, ma la leggenda ci racconta un'altra storia.
Riscoprire il gusto di andare per campi e boschi, respirare l'aria fresca, sentire il rumore del vento tra gli alberi è un'esperienza che rigenera la mente e il fisico.
Quando ero bambina, la domenica mio padre mi svegliava all'alba e insieme andavamo in campagna a piedi. Lui andava avanti sicuro su un sentiero in collina ed io, felice, lo seguivo. Ricordo ancora la luce del sole che nasceva luminoso e ogni volta che ritorno su quel sentiero ripenso a lui e a quante occasioni perse, sono seguite dopo.
Ma ora è tempo di tornare a "casa", dalla Madre terra che ci regala sempre un'alba, un bosco da ammirare, una distesa di fiori di campo da fotografare, una miriade di erbe spontanee da raccogliere e gustare.
Unica raccomandazione per i nuovi amanti del cibo spontaneo: rispetto assoluto. Raccogliete solo le erbe commestibili che conoscete perfettamente, se avete dubbi andate oltre. Raccoglietele sempre con parsimonia per dare loro la possibilità di rinnovarsi, e dare a noi una prossima "volta".
Il carciofo, l'ortaggio dal cuore tenero, deriva biologicamente dal cardo selvatico, cardus in latino e cugùntzula in sardo.
Benché conosciuto fin dall'antichità, la sua produzione nell'isola inizia solo dopo la prima guerra mondiale, interessando soprattutto il territorio del Medio Campidano. Veniva coltivato in piccoli orti per il consumo familiare. Gli impianti erano modesti con un massimo di 50-100 piante, situati spesso tra i filari dei vigneti.
Filari di piccole piante disegnano gli orti e le campagne lontano dalle città. I loro baccelli verdi contengono un legume tanto amato dai sardi ma anche temuto.
Amato perché viene consumato in tanti piatti tradizionali. Temuto perché legato ad una malattia genetica dei globuli rossi, conosciuta come favismo.
Il suo nome è “Vicia faba”, la Fava.
Questo dualismo era già presente nell'antichità. Si racconta che Cerere, la dea della terra e della fertilità avesse donato a una città dell’Arcadia i semi di tutti i legumi tranne quelli delle fave, perché una superstizione voleva che nelle fave “dimorassero le anime dei morti”. Credenza avvalorata anche da Pitagora e dagli stessi usi sardi, che vogliono le fave secche, tra i doni per le anime nella ricorrenza dei defunti.
Anche i Romani le consumavano con uova, miele ed erbe varie. In primavera, durante i festeggiamenti dedicati alla dea Flora, protettrice della natura che germoglia, i Romani le gettavano sulla folla in segno di buon augurio. Concluse le feste, però, la fava tornava ad essere considerata impura e relegata ai soli riti religiosi per i defunti.
Secondo una credenza popolare, chiunque trovi sette semi in un baccello di fava avrà un periodo di grande fortuna.
Io ci ho provato, ma per ora niente, sette semi non li ho ancora trovati!
Vero è che la pianta delle fave porta fortuna all'intero orto, infatti arricchisce il terreno di azoto e attira su di sé tutti i parassiti, che di conseguenza non infestano gli altri ortaggi.
Questa piccola pianta è un ortaggio annuale originario dell’Asia. In Sardegna viene consumato crudo o cotto, fresco o secco a seconda delle stagioni.
In inverno si utilizzano le fave secche per piatti succulenti come la Favata Sassarese o Fave secche con cotenna di maiale.
La primavera, invece, è il periodo della raccolta delle favette fresche, così InsulaGolosaRicette ha scelto una delle tante ricette dei pastori e dei contadini, per augurare a tutti buona fortuna.
Ecco la ricetta delle favette bollite profumate alla mentuccia.
Anticamente i finocchi, come altre piante aromatiche, venivano, utilizzati in cucina per conservare e insaporire la carne di maiale e, a volte, anche per confondere il sapore della carne un po' andata.
Disponibile a km 0 per tutto l'inverno fino alla primavera inoltrata, il finocchio è un ortaggio molto versatile e si può consumare a crudo o cotto.
Sulle tavole sarde viene utilizzato per accompagnare di piatti di carne elaborati, perché è un ottimo depurativo e digestivo.
Tra le tante ricette InsulaGolosaRicette vi suggerisce un contorno molto semplice, il finocchio alla sarda, ideale per le occasioni informali oppure per un pranzo o una cena improvvisa, quando si è costretti a recuperare qualcosa dalla dispensa.
In primavera i fiori delle aromatiche sbocciano felici sotto il sole. I miei preferiti sono quelli blu e viola, i cui colori scacciano la tristezza e portano il buonumore. Ma quali sono le aromatiche dai fiori blu e viola?
E' semplice quelle più utilizzate in cucina per il loro profumo e per le loro caratteristiche organolettiche: la menta, il timo, l'origano, il rosmarino.
Non dimentichiamo la salvia, in botanica Salvia Officinalis, una pianta arbustiva della famiglia delle lamiacee, parente stretta delle precedenti aromatiche. E' facilmente riconoscibile dalle foglie, caratterizzate dalla forma ovale allungata e dalla leggera peluria che le ricopre, rendendole di un colore verde tendente al bianco grigio. I fiori vengono utilizzati, in cucina per decorare i piatti, mentre le foglie sono un ingrediente da condimento, utilizzato anche come base per alcuni piatti.
Tanti paesi, tanti nomi diversi... per indicare la stessa cosa.
Sì, in Sardegna siamo così, non siamo confusi ma ci piace localizzare e personalizzare dalla notte dei tempi. Prima ancora dell'invenzione dei satelliti e delle mappe digitali.
Ogni paese è un mondo a sé, con la sua parlata, le sue usanze e i suoi piatti. Fate una prova ... sul campo! Mettete gli scarponcini e andate a gironzolare per le campagne sarde, troverete tante erbette selvatiche "ribelli" che cambiano nome a seconda delle zone, che siano montagne o scogliere vicino al mare.
Chiedete agli anziani il nome, ad esempio del Tarassaco Comune o Dente di Leone, dal fiore giallo come il sole. Vi risponderanno: piascialettu, zangune riestu, camingioni, gicoria burda, zicoria burda, zizziolu.
Forse è un'eredità lasciata dai popoli del Mediterraneo con i quali avevamo scambi commerciali e culturali. Per gli antichi greci il termine Tarassaco significava "rimedio per ogni male" per le sue proprietà curative, per gli arabi "erba amara" per il sapore pungente, per i monaci medioevali "cicoria selvatica", perché molto simile alla cicoria comune, dal fiore color indaco.
Anticamente nell'isola si riteneva che su martuzeddu, il crescione d'acqua avesse proprietà afrodisiache specie se consumato in insalata con cipolle e succo di limone.
Questa bellissima pianta spontanea vive in prossimità di corsi d'acqua perché predilige luoghi freschi e ombrosi. Utilizzata a crudo è ricca di vitamina C, sali minerali e oligoelementi ed è ottima in insalata per il suo sapore piccante, si mischia alla lattuga, cicoria, pomodori, ravanelli e qualsiasi insalata mista; può essere usata come pianta aromatica per ingentilire purè e formaggi.
La sua raccolta avviene poco prima e durante il periodo di fioritura, che va da maggio a giugno. Oltre questo periodo non va raccolta.
InsulaGolosaRicette propone la ricetta della tradizione contadina.
Ci sono tante storie da ricordare ma alcune volte sono talmente coinvolgenti che le parole stentano a prendere forma sul foglio di carta.
I ricordi, le immagini e il cuore corrono veloci senza trovare un luogo di conforto e di tranquillità, perché sono storie della giovinezza che è scivolata via tra le dita in un batter d'occhio.
Così, col cuore in subbuglio, si tenta di mettere in ordine la scrivania e il caso vuole che sfogliando un libro un po' impolverato, si trovano le parole che raccontano una di quelle storie...
In autunno è bello andare per funghi e gironzolare per le campagne che profumano di essenze mediterranee bagnate dalla rugiada. Una tra le tante essenze è, sa murta, in sardo, ovvero il mirto, molto utilizzato nella gastronomia dell'isola.
InsulaGolosaRicette vi propone una ricetta che utilizza i rametti della bellissima pianta aromatica del mirto. Si consiglia di non abusare delle sue chiome perché è una specie indigena della macchia mediterranea. Tuteliamola e rispettiamola. Procediamo, quindi, con parsimonia, per ottenere un ottimo condimento per le carni e i pesci arrosto, da conservare e utilizzare tutto l'anno: l'olio al mirto.
Protagonista autunnale delle tavole più glamour è la lumaca, molto amata in Sardegna, tanto che Gesico, piccolo paese nel Campidanese, è stato titolato, capitale della lumaca, grazie a una deliziosa sagra che si tiene ogni anno a ottobre.
Dopo i primi acquazzoni stagionali, consuetudine vuole che si vada per campi alla ri