Dedico questa pagina ai Boschi della Sardegna, da me tanto amati, proponendo un passo dello scrittore Mauro Corona. Nel suo
...Archimissa, Ispigula areste, Spigu
In primavera, nella macchia mediterranea più selvaggia, tra il cisto e il lentisco, spuntano i fiori viola- bluastri della lavanda selvatica. Già amata dai Greci e i Romani, per il suo profumo intenso, con cui di facevano piacevoli bagni, in Sardegna la lavanda selvatica veniva utilizzata, insieme all'elicriso, per bruciare le setole dai maiali macellati e profumare così la carne. In alcuni paesi, durante la Settimana di Pasqua, viene ancora raccolta per abbellire i rami di ulivo e le palme benedette, perché una leggenda vuole che la Madonna avesse steso i panni di Gesù su questa meravigliosa pianta profumata.
La lavanda selvatica (lavandula stoechas), in sardo Archimissa, Ispigula areste, Spigu, Abioi, è una pianta perenne a forma di cespuglio, dalle foglie piccole e strette, color grigio e molto profumate.
Ama le posizioni soleggiate e un clima temperato. Le sue infiorescenze, portate da lunghi steli, sono delle spighe. Ogni spiga contiene diversi fiori molto profumati, che fioriscono da aprile fino a tarda estate. I fiori, contengono un'alta percentuale di oli essenziali. Anche se non completamente sbocciati, vengono raccolti e fatti essiccare all'ombra in luoghi asciutti. Quindi si conservano per tutto l'anno.
Sono ottimi per profumare la biancheria e gli armadi ma anche per allontanare eventuali le tarme. Grazie alle proprietà cicatrizzanti, i suoi oli essenziali, anticamente, venivano miscelati all'olio d'oliva per curare i morsi degli insetti.
Non dimentichiamo che la lavanda selvatica è una pianta mellifera, cioè piace tanto alle api, per l'impollinazione e la produzione di un miele unico perché prodotto esclusivamente in Sardegna e nell'Isola d'Elba, il miele monoflora di lavanda selvatica, appunto.
In Sardegna ogni paese è un'isola nel senso che ogni comunità rivendica con orgoglio le proprie tradizioni, e in gastronomia, i propri piatti. Si pensi che lo stesso piatto viene chiamato in modi diversi e con un dialetto completamente dissimile, a seconda delle zone geografiche o dei paesi che a v
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