Archimissa, Ispigula areste, Spigu
In primavera, nella macchia mediterranea più selvaggia, tra il cisto e il lentisco, spuntano i fiori viola- bluastri d
Ecco i prodotti delle eccellenze dell'Isola di Sardegna, che hanno avuto il riconoscimento di qualità dalle massime autorità nazionali e internazionali.
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Questa è la volta dell'Agnello di Sardegna IGP
Se in Giappone fa meh meh; in Svezia fa bä bä, in Sardegna fa sempre… bee bee. È lei la pecora, non più stupida e adorabile come ci hanno sempre raccontato ma intelligente e socievole come ci spiega Keith Kendrick in un suo studio condotto nel 2001... ed anche un po’ distruttiva, dove passa lei, poca vegetazione rimane… che sia una pecora nera oppure bianca, poco importa, così almeno ci dice la Fao, in uno studio condotto nel 2016.
In ogni caso mettiamo da parte gli stereotipi comuni e omaggiamo questa creatura che tanto ci regala e a cui dobbiamo grande rispetto.
La pecora sarda è una razza ovina autoctona tra le più antiche d’Europa, discendente diretta delle razze orientali, che arrivarono in Sardegna con i primi abitanti di Ichnusa ed è parente stretta del Muflone selvatico che è ancora presente nel massiccio del Gennargentu.
Nel corso della sua evoluzione si è adattata perfettamente alla morfologia collinare e montuosa dell’isola. Il suo habitat naturale è costituito prevalentemente dalla macchia mediterranea, con verdi pascoli fatti da cespugli ed erbe spontanee: materia prima perfetta per la sua alimentazione, ragione per cui il suo latte viene considerato ad alto valore qualitativo.
Da oltre quattromila anni la pecora sarda viene allevata dai pastori per la produzione di latte, di carne, di lana e di pellame.
Secondo uno studio dell’INEQ, Istituto Nord Est Qualità dello scorso del 2018, la pecora sarda rappresenta circa il 52% della popolazione ovina nazionale ed il 95% di quella regionale.
Mi piace aprire queste pagine dedicate alla Pecora Sarda con la descrizione di Antonio Bresciani da I costumi dell’isola di Sardegna (Napoli 1850, II, pp. 89-90)
«Compìto di mungere, riposti i vasi sotto una tettoia di frasche all’aria e alla brezza, i pastori aprono il chiuso e le pecore escono all’erba. Intanto altri pastori avean ricolto gli agnellini dietro un dosso di monte sequestrati dalle madri: ma non prima ne intesero i belati, ch’io vidi mirabil cosa. Erano oltre a trecento bestiuole, sdraiate, chete, dormiglione: al prim elar delle madri, come tocchi dall’assillo giuzzar in piè, rizzar gli ocrecchi, alzare il muso, dare in un grido acutissimo, e gittarsi in fretta la loro ricontro è tutt’uno. Van saltacchioni su quelle aduste e lunghe loro gambucce chiusi in isquadre, e simile dall’altra banda corron le agnelle. Sembrano due falangi che galoppino alla carica: le valli e i monti rimbombano ai canori belati; a quell’impero cedono virgulti e le ginestre, ogni cosa è sconvolta. Ma come potrei dire il cozzo di quelli squadroni, il fammettersi e il ritornare? Ciascun agnellino cerca la madre, e fra mille le scerne, e le s’avventa alle poppe. Detto fatto. In men ch’io nol dico tutto è pace e silenzio. Le pecore s’arrestano, s’accoccolano, si porgono in dolce modo ai figlioletti, i quali divincolandosi succhiano ingordamente le mamme, e passano, dando al muso, dall’un capezzolo all’altro, mentre le madri piacevolmente belando li lisciano, l i leccano, ed accarezzano».
Un mondo a parte, selvaggio e rurale, dove la natura e i pastori disegnano il cerchio della vita. Al centro di tutto c'è la pecora, protagonista indiscussa, capace di nutrirci, vestirci, riscaldarci e abbellirci.
Non posso che dire grazie a Madre Natura e augurare ogni bene alla nostra isola e a tutte le sue creature, col manto peloso e gli occhi dolci.
Continua la lettura alla scoperta della pecora:
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