Il sambuco, sambucus nigra, è una piccola pianta molto diffusa in tutta Europa e nel Mediterraneo, soprattutto nella macchia e in
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Sai perché le bottiglie di vino sono da 750 ml (75cl) e non da un litro (100 cl)?
Nel XIX secolo i principali produttori di vino erano francesi e i loro clienti gli inglesi. L’unità di volume degli inglesi era il “gallone imperiale” ovvero 4,54609 litri.
Per semplificare i conti di conversione, trasportavano vini di Bordeaux in botti da 225 litri, esattamente 50 galloni, corrispondenti a 300 bottiglie da 75 cl.
Per un calcolo più facile, adottarono 1 barile=50 galloni=300 bottiglie.
In questo modo 1 gallone corrispondeva a 6 bottiglie da 75 cl.
Ancora oggi le scatole di vino hanno 6 o 12 bottiglie.
L'inverno è arrivato. Il profumo dei mandarini e delle castagne arrosto è nell'aria. Si esce la sera subito dopo l'imbrunire, dopo che i bambini hanno fatto i compiti e sonnecchiano insieme ai nonni guardando la televisione. In giro tutto è calmo, a parte qualche automobilista nervoso che accelera di scatto e il rumore del motore rimbomba in testa. Le luci dei lampioni sono lievi e illuminano il selciato di un giallo intenso. Velocemente si attraversa il centro storico salutando qualche amico e si raggiunge la bottega delle spezie dove ci si rifornisce di cannella, vaniglia e peperoncino.
Il pensiero corre alle feste ormai vicine, ai dolci natalizi, alle pietanze da preparare per i cari, e una certa nostalgia stringe il cuore ricordando la felicità da bambini, quando le risate dei fratelli riempivano la casa molto più dei profumi che venivano dalla cucina.
Stop. Non è un racconto del novecento ma un ciak di una serata qualunque di una persona qualunque in una certa terra chiamata Sardegna. Da queste parti il ritmo è più lento e le vacanze diventano indimenticabili.
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La quercia, signora dei sottoboschi e ultimo rifugio di moltissime specie di insetti, di uccelli e anche di mammiferi, diventa la protagonista di un racconto popolare europeo, che trova nell'isola di Sardegna il teatro ideale.
Un giorno il diavolo si recò dal Signore dicendogli: "Tu sei il signore e padrone di tutto il creato, mentre io, misero, non possiedo nulla. Concedimi una signoria, pur minima, su una parte della creazione; mi accontento di poco".
"Che cosa vorresti avere?", chiese Dio.
"Dammi, per esempio, il potere su tutto il bosco", propose il diavolo.
"E sia" ,decretò il Signore "ma soltanto quando i boschi saranno completamente senza fogliame, ovvero durante l'inverno: in primavera il potere tornerà me".
Quando gli alberi a foglie decidue dei boschi seppero del patto, cominciarono a preoccuparsi; e con il passare del tempo la preoccupazione si mutò in agitazione. "Che cosa possiamo fare?" si domandavano disperati. "A noi le foglie cadono in autunno".
Il problema pareva insolubile quando al faggio venne un'idea: "Andiamo a consultare la quercia, più robusta e saggia e di noi tutti la più anziana. Forse lei troverà un espediente per salvarci".
La quercia, dopo avere riflettuto gravemente, rispose: "Tenterò di trattenere le mie foglie secche sui rami finché sui vostri non spunteranno le foglioline nuove. Così il bosco non sarà mai completamente spoglio e il demonio non potrà avere alcun dominio su di noi".
Da allora le foglie secche della quercia, coriacee e seghettate, rimangono sui rami per cadere completamente soltanto quando almeno un cespuglio si è rivestito di foglie nuove.
Tratto da Raccolta di miti e leggende delle foreste di pianura europee, a cura di Marco Monguzzi
Un'antica leggenda racconta di un giovane pastore che viveva solo con il suo gregge, sulle scogliere a picco sul mare, a sud ovest dell'isola di Sardegna. Il vento e gli acquazzoni lo avevano tenuto in allarme tutto l'inverno ma finalmente era arrivata la primavera. Il tepore dell'aria e le giornate più lunghe lo mettevano di buonumore. La sua solitudine non era poi così male.
Ogni giorno godeva del profumo dei ginepri, dell'elicriso e del finocchio marino. In cielo i gabbiani volavano sereni e spesso, quando si avvicinava alla spiaggia, riusciva ad intravedere i fratini appena nati, che cercavano di spiccare il volo.
Un pomeriggio di maggio, girovagando con le sue pecore, immerso completamente tra il blu del mare e del cielo, vide qualcosa che increspava l'acqua. Era perplesso, non capiva cosa ci fosse in mare. A sera ritornò all'ovile. Dopo aver rinchiuso le pecore nel recinto, mangiò un po' di formaggio e un tozzo di pane. Era pensieroso. Guardò il cielo.
Le Plejadi si tuffavano nelle luci rosse del tramonto, l'equinozio di primavera era alle porte come ogni anno. Regnava il silenzio più assoluto. Solo la luna gli faceva compagnia. Era molto stanco ma non riusciva a prendere sonno, continuava a pensare all'acqua increspata e a quel movimento così misterioso. Decise così che all'alba sarebbe tornato sul sentiero per guardare meglio il mare.
Si alzò prima del sorgere del sole. L'acqua del mare era immobile, ferma come una tavola. I primi riflessi d'argento iniziavano a dipingere il mare. Esitavano timorosi, poi si fecero più nitidi e illuminarono pesci grossi come barche che guizzavano dall'acqua e correvano veloci in branco, lungo tutta la costa, fin dove la vista del giovane pastore poteva arrivare.L'inquietudine lasciò posto alla gioia. I suoi occhi si illuminarono in un sorriso. Decise che poteva rinchiudere i tonni in un recinto, così come faceva con le sue pecore.
Nacque così la pesca del tonno di corsa con tutti i suoi riti. A dir il vero furono gli arabi i primi a praticare questo tipo di pesca con le reti fisse come recinti. Forse il nostro pastore era uno dei tanti mori che per secoli hanno vissuto in Sardegna.
"La magia è dentro di noi e gli oggetti possiedono tanta magia quanta noi decidiamo di regalare loro".
Al suono di queste parole è iniziato un pomeriggio all'insegna della curiosità. La padrona di casa Koendi, Claudia Zedda, antropologa e autrice di diversi libri dedicati alla Sardegna, ci ha accolto nella sua bella cucina dal tetto bianco, arredata con oggetti della tradizione sarda: alle pareti, piccole ghirlande di ramoscelli e cestini di asfodelo intrecciato. Sul tavolo, libri usurati dal tempo e oggetti in legno intarsiato. Sulle mensole, barattoli di vetro trasparente contenenti erbe e spezie preziose.
Dalle finestre la luce del pomeriggio abbagliava i nostri occhi. Tra sorrisi un po' scontati e presentazioni frettolose con le altre ospiti, il mio breve percorso alla "scoperta delle erbe magiche protagoniste degli amuleti della tradizione sarda" ha preso vita.
Protagonista autunnale delle tavole più glamour è la lumaca, molto amata in Sardegna, tanto che Gesico, piccolo paese nel Campidanese, è stato titolato, capitale della lumaca, grazie a una deliziosa sagra che si tiene ogni anno a ottobre.
Dopo i primi acquazzoni stagionali, consuetudine vuole che si vada per campi alla ri