Dedico questa pagina ai Boschi della Sardegna, da me tanto amati, proponendo un passo dello scrittore Mauro Corona. Nel suo
...Il mangiare è un piacere e, se accompagnato dalle buone maniere diventa anche alla moda. Ecco alcuni consigli di InsulaGolosaRicette per star bene a tavola.
La notte prima del 2 novembre è alle porte e la sera si tinge di mistero. Una volta all'anno, le anime dei morti ritornano dall'aldilà e vagano per le vie del paese.; tra i vivi cresce il desiderio di incontrarle.
Nelle case si accendono piccole lanterne (lantias) per illuminare e indicare loro la strada. Sono attesi con affetto e rispetto. Le tavole vengono imbandite con tovaglie ricamate e stoviglie ricercate che le famiglie portano fuori solo nelle occasioni importanti. I prodotti autunnali sono i protagonisti: non mancano mai le fave secche (i cibo dei morti), le castagne, le noci e le nocciole. Tutta la notte è dedicata agli spiriti che per una notte ritornano in famiglia come un tempo che fu.
Ad accogliere le anime ci sono anche i bambini che si travestono con vecchi abiti e si dipingono la faccia con il carbone. Impazienti come solo i giovani sanno fare, tra le risate e un po’ di paura, bussano alle porte dei vicini recitando le litanie in dialetto:
“seus benius po is animeddas”(siamo venuti per le anime);
“mi das fait po praxeri is animeddas” (dammi qualcosa per le anime);
“seu su mortu mortu” (siamo le anime morte);
“carki cosa po sas anima”; (dateci qualcosa per le anime);
Tutte richieste di accoglienza e di doni per le anime dei morti. I paesani aprono gli usci e offrono ai piccoli dolci fatti in casa e frutta secca. I bambini ne fanno incetta e scappano felici, così fino a tarda sera, casa dopo casa. Sui tetti si intravede un barbagianni che sorvola silenzioso nel cielo scuro, guardiano dei vivi e dei morti.
Nelle case illuminate le donne continuano a preparare i dolci per le anime, primo tra tutti il pane dei morti, su pani e' saba, una sorta di piccola pagnotta dolce realizzata con la sapa (mosto di vino) e le noci o le nocciole. Ha un profumo intenso di frutta tostata e di spezie, di legni e di bosco.
E' usanza diffusa consumare su pani e' saba (molto simile alla pabassinas, ma più morbido e più piccolo) davanti al fuoco acceso, con un bicchiere di buon vino secco.
E così un’altra notte è passata, un rito che si ripete nella notte dei Defunti da tempi remoti, quando in Sardegna vivevano solo le Janas nelle domus scavate nella roccia e i Gentiles, i giganti di bell’aspetto, a cui si deve la costruzione dei magnifici monumenti funerari megalitici, presenti in gran parte dell’isola.
Solitamente parlando della Sardegna, si immediatamente all'estate e al colore del mare e del sole. Ma se avete la fortuna di venire in primavera sarete sorpresi dal colore che maggiormente si percepisce: penserete al verde dei prati, al blu del mare. Ebbene no! E' il bianco della luce che domina su tutto. Il sole è già crudele e allo stesso tempo dolce. Illumina e imbianca il paesaggio, creando spazi immensi. La quiete prende il sopravvento e la tranquillità pervade i sensi. L’istinto primordiale conduce alle spiagge di sabbia finissima. Bianchissime anche le rocce di natura trachitica o le falesie calcaree, i graniti e le masse di schisti. La più celebre è quella di Cala Luna, bellezza naturale rimasta intatta nonostante il grande affl usso turistico, lambita da acque di colore verde smeraldo e turchese, mentre Cala Sisine può impressionare al levarsi della luna. Cala Goloritzè, dominata da un obelisco naturale, è famosa per le sfumature che si possono ammirare prima che il sole possa nascondersi dietro gli scogli. Per gli amanti della quiete la spiaggia di Su Sirboni è meta consolidata: quasi sempre deserta data la difficoltà nel raggiungerla, una volta arrivati ci si può godere uno scenario mozzafiato. All’estremità meridionale del Golfo di Orosei, la spiaggia di Santa Maria Novarrese è contornata da pini marittimi mentre quella di Lotzorai è una riserva naturale. Bianca anche la camicia del costume degli uomini e dei cavalieri delle corse a cavallo: “ragas”, la camicia di lino, abbinata al gilet, berretto e giacca, tipica della tradizione pastorale. I costumi tradizionali possono essere ammirati Il 1° maggio, a Cagliari, per la “Sagra di Sant’Efisio” , uno dei più importanti eventi religiosi e folkloristici della Sardegna. La manifestazione risale al 1656 quando il Santo liberò la città da una violenta epidemia di peste.
Ma Bianco è anche il colore di baballottis e del velo che copre il corpo di Gesù deposto, nelle processioni pasquali delle antiche 7 città regie della Sardegna: Castelsardo, Sassari, Alghero, Bosa, Oristano, Iglesias, Cagliari.
La Sardegna è bianca sotto la luce della luna nei siti archeologici: i nuraghi di Barumini, le domus de janas di Dorgali, le necropoli puniche di Sant’Antioco, silenziosi la notte, si risvegliano durante la giornata quando i visitatori rimangono meravigliati dalla loro bellezza.
Così come sono bianchi i piatti tipici, dai sapori forti e decisi ed al contempo semplici e genuini. Una delle prelibatezze più caratteristiche, il “pane carasau” detto anche Pan di Musica. In una terra ricca di pascoli e vegetazione i formaggi locali assumono un sapore ed un aroma fuori dal comune, il sapore della tradizione contadina che si tramanda nei riti che accompagnano il susseguirsi delle stagioni e delle maree, così come si apprezzano i particolari vini e gli squisiti dolci. Meritano una segnalazione a parte i bianchittos, dolci di forma piramidale friabili, spesso guarniti con mandorle e diavoletti colorati, le copulettas tipiche del Gal di Oristano ed il pirichittus cagliaritano.
Uno dei simboli dell’artigianato sardo è la tessitura su telai tradizionali. Fin dall'antichità in Sardegna si realizzano tessuti per tappeti, tendaggi, tovagliati e biancheria. La lavorazione più conosciuta è quella detta a pibiones.
I pibiones (letteralmente “acini d’uva”) sono i rilievi granulari della trama che si ottengono attorcigliando un filo supplementare attorno ad un ago appoggiato sul dritto della tela. Selezionando i punti dove si fanno emergere i pibiones, lentamente si compongono disegni assai complessi.
A Cagliari, presso la Cittadella dei Musei, è possibile visitare la Collezione Luigi Cocco (Museo Etnografico) dove sono esposti pezzi originali dell'Ottocento e Novecento.
Fino a qualche decennio fa il corredo delle fanciulle sarde era composto da pezzi unici, tessuti e ricamati dalle donne di casa. Oggi questi pezzi vengono custoditi con cura e "rispolverati" durante le feste popolari.
É usanza infatti abbellire i balconi e i davanzali delle finestre, con gli arazzi e le coperte tessute a mano, in onore del santo che si festeggia. Immaginatevi una città come Cagliari, moderna e metropolitana, che per una giornata intera, precisamente il 1 maggio, si immerge in un'atmosfera d'altri tempi: le strade vengono addobbate a festa con fiori e piante, i balconi ingraziositi con tessuti finemente lavorati; da una facciata all'altra sbandierano i ritagli di carta colorata stesi in fili di spago e lungo le strade petali di rose e fiori diventano un tappeto per Sant'Efisio.
La magia, il colore e la fede si mescolano per riportarci indietro in un rito, sempre vivo e attuale, dal 1656. Ma la magia più grande è che questo tipo di manifestazioni non si svolgono solo nel centro più importante dell'isola, ma in tutti i paesi e i centri della Sardegna. Ogni mese, ogni stagione è cadenzata da una festa o sagra popolare dove i tessuti in cotone o in lana e i ricami sul lino bianco fanno nella mostra di sé.
BIRDWATCHING . Da Orgosolo ad Alghero, dall’isola di Sant’Antioco e San Pietro alle vette del Gennargentu, varie specie di uccelli popolano l’intero territorio. Si possono avvistare il gheppio, l’astore, il falco pellegrino, lo sparviero e con più fortuna l’aquila reale, superba ed elegante. Nelle scogliere di Bosa si avvista qualche esemplare di avvoltoio grifone, ora in via di ripopolamento dopo un periodo in cui si è temuta l’estinzione.
TRAINATI DA UN AQUILONE. La costa sud ovest della Sardegna grazie alle sue caratteristiche orografiche e metereologiche è un vero paradiso per il windsurf e del kitesurf. Durante la stagione primaverile l’anticiclone delle Azzorre arriva sul Mediterraneo è determina un vento di maestrale ideale per questi sport estremi.
Corre voce che Selvaggio Blu sia il trek più difficile d’Italia, è forse anche il più originale e bello immerso nei paesaggi ancora selvaggi e incontaminati della parte orientale dell’isola. Sospeso tra il blu del mare ed le alte pareti rocciose, è un itinerario che si snoda lungo le magnifiche falesie e mulattiere del Golfo di Orosei. Si parte dalla Guglia di Pedra Longa e si continua lungo le tracce lasciate dai carbonai, percorrendo sentieri a ridosso delle falesie e a picco sul mare fino a raggiungere la spiaggia di Cala Sisine. L’itinerario è in buona parte segnato ma si consiglia caldamente di affidarsi a guide esperte locali che nel territorio certamente non mancano. Prima di loro, oltre ai pastori, i veri angeli custodi di queste montagne a strapiombo sul mare, c’era passato "L'esploratore innamorato", il sardopiemontese Alberto Della Marmora. È stato il primo, nel suo «Viaggio nell’Isola di Sardegna» del 1857, a scrivere del territorio di Baunei.
«Un territorio che è fin troppo facile definire d’incanto. Non si raggiungono altitudini elevate. La cima più alta è Punta Turusèle, 1024 metri sul livello del mare, ma è frequente un netto stacco tra le creste e le vallate, costituite da vere e proprie incisioni sormontate da pareti strapiombanti. Qui la natura geologica è stupefacente, combinata all’azione continua di acqua, vento e pioggia che hanno portato alla forte modellazione del Supramonte, caratteristiche morfologiche stupende, canaloni e codule, cenge e falesie a picco sul mare, pochi pianori».
Quando si dice Sardegna si dice sole. La sua luce, il suo colore, la sua immensità. Ogni giorno nasce, vive e muore per rinascere all'alba del domani. La sua forma è il cerchio, sempre presente nella quotidianità isolana. Il cerchio è continuità e l'infinito. Non ha inizio né fine. E' la spiritualità che si connette con il materiale. L'improvviso lo troviamo dappertutto.
Nei rosoni delle cassapanche intagliate nel legno, nei tradizionali cestini in canna, ceste e corbule in giunco e fieno: “is canisteddus”, di forma circolare con i bordi piatti, “sas crobeddas”, di forma troncoconica con struttura a spirale e decorate con stoffe damascate dai colori vivaci, “is pisceddas”, di forma cilindrica leggermente svasata.
Figure , pazientemente intrecciate a mano dalle cestinaie di Flussio, Sinnai e Ollolai sono diventati oggetti d’arredamento di notevole pregio, decorati con disegni floreali o di animali.
Nella pintadera, lo stampo per il pane, risalente al VIII secolo a. C., realizzato in terracotta decorata con cerchi concentrici incisi.
È un cerchio anche il pane carasau: una sfoglia di pane sottile che viene fatta cuocere al forno due volte e che, a seconda del condimento, ha dato origine a varie derivazioni (con sale e olio diventa “guttiau”, dal maggiore spessore e di forma rettangolare è invece il “pistoccu”).
E se il sole è fonte di vita, è proprio grazie al clima mite e temperato, accompagnato dalla particolare morfologia del territorio, che la Sardegna regala agli appassionati della buona cucina una grande quantità di prodotti tipici. In primis il pane, ricordiamo il pane cicci, la spianata sarda, di pasta morbida, molto simile alla piadina romagnola.
Poi ”su civraxiu” che ha un aspetto rigonfio ma non troppo; mentre pane tipico del Campidano “su modditzosu”, si riconosce dalla morbidezza della pasta e la della crosta esterna croccante. E ancora il pane degli sposi, occasione in cui assume la forma di cerchi intrecciati talvolta con l’aggiunta di elementi di buon auspicio per gli sposi: fedi nuziali, uccellini posati su ghirlande di fiori forgiati con la stessa pasta.
Nel ballo popolare su ballu tundu, il ballo tondo, imperniato su un cerchio che si scompone e ricompone inevitabilmente, dopo ogni variazione coreografica, come a rappresentare il ciclo della vita.
Non ci resta che gioire della vita e della Sardegna.
A volte, nelle giornate di pioggia, come oggi, realizzo che non sono mai andata in campagna a raccogliere le lumache. Puntualmente mi riprometto che appena esce il sole, prendo gli stivali e vado alla ricerca degli invertebrati più lenti del pianeta.
Ma, caso vuole, qualcosa di più importante sopraggiunge e d
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