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Sternbergia lutea

zafferanastro

In autunno la campagna si colora di toni caldi e avvolgenti. Tra i ricci spinosi delle castagne e le foglie

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Carnevale, ogni dolce vale

Casalinghe disperate... mai♥

Sa Cordula o Cordedda

sa cordulaSi dice che in Sardegna ci siano più pecore che abitanti. Non so se questo sia vero ma è certo che i sardi hanno gran rispetto per le pecore, perché sono fonte di reddito e alimento base della gastronomia tradizionale.

Infatti grazie alla fantasia e alla praticità dei pastori, le parti della carne degli ovini vengono tutte utilizzate perché in cucina perché nulla va sprecato.

La tradizione vuole che la carne pregiata dell'agnello o del capretto, venga arrostita allo spiedo e aromatizzata con essenze selvatiche. Con le altre parti, non meno nobili, si realizzano piatti antichi che vanno tutelati  per non perderne memoria. Un esempio sono i piedini d'agnelloun ottimo antipasto, molto diffuso a Bosa, simile ai Nervetti di piede di bue, o sa Cordula o Cordedda, un secondo piatto realizzato con le parti interne dei capretti o degli agnelli.  

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Sa trattalia

In Sardegna ogni paese è un'isola nel senso che ogni comunità rivendica con orgoglio le proprie tradizioni, e in gastronomia, i propri piatti. Si pensi che lo stesso piatto viene chiamato in modi diversi e con un dialetto completamente dissimile, a seconda delle zone geografiche o dei paesi che a volte distano solo pochi chilometri tra loro. Tra i tanti piatti sa Cordula Cordedda, che in alcuni paesi viene chiamata Coratella Trattalia: è un secondo piatto realizzato con le parti interne dei capretti o degli agnelli. Viene arrostita  allo spiedo o in tegame con cipolle e prezzemolo, o ancora insemolata e fritta nell'olio caldo. 
InsulaGolosaRicette ricrea gusti e profumi antichissimi con le diverse ricette per cucinare le frattaglie di agnello o capretto.

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Tasca di pecora con piselli

ripieno

Quando il sole è alto, non è difficile notare, sotto gli alberi piegati dal maestrale, le pecore che riposano dopo una giornata passata a vagabondare nei prati, brucando ogni filo d'erba.

A me fanno un po' paura. Direte che assurdità... ma se le osservate bene, sono capaci di rasare voracemente tutto il verde che trovano, scegliendo le erbe e le essenze migliori dei campi.

Per questo motivo i pastori le spostano da un spazio all'altro in modo che ci sia un riciclo costante della vegetazione, di cui sono ghiotte. Solo al tramonto ritornano all'ovile accompagnate dai cani pastore.

In questa pagina InsulaGolosaRicette propone un piatto "dimenticato" che ogni tanto mia madre prepara: la tasca ripiena di piselli in brodo di pecora. 

E' un piatto lungo da preparare che ci permette, però, di godere del piacere dell'attesa, regalandoci, con una sola preparazione, due piatti: un secondo di carne la tasca ripiena di piselli e un primo, Bròdu de brebeis, il brodo di carne di pecora, che a sua volta può essere utilizzato per altre preparazioni culinarie.

 

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Trattalia ogliastrina

trattalia in vassoio

Nelle case della Sardegna antica, in cucina comandavano le donne, solo nella preparazione delle carni arrosto "su meri 'e domu", il padrone di casa, aveva la priorità in alcune mansioni. 
Era lui che si preoccupava di accendere il fuoco dopo avere fatto una minuziosa selezione di legna. Nel camino non si metteva mai, ad esempio, la legna di pino perché scoppietta troppo, oppure la legna di asfodelo perché velenosa. Era lui che sceglieva "su schironi", lo spiedo, adatto al tipo di carne prescelta. Era lui che seguiva la cottura della carne dall'inizio fino alla fine. 

Devo dire che le cose non sono cambiate tanto, perché sono gli uomini di casa che ancora oggi amano "giocare col fuoco". 

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Trippa alla sarda

trippaNelle case in ladiri, (i mattoni di terra cruda), accanto ai camini accesi, le donne appendevano i cestini di asfodelo, intrecciati a mano, decorati con nastri di raso e ritagli di damascato. Erano gli unici oggetti preziosi che potevano permettersi, ma nonostante la semplicità della casa, erano delle artiste in cucina.

E il fuoco nel camino era il loro compagno di cucina preferito. Nel camino arrostivano la carne e il formaggio. E appendevano, sospesa sulla brace ardente, la pentola che serviva per cucinare le zuppe, le minestre e gli stufati. Ogni pietanza era il risultato di conoscenze arcaiche, frutto del passaparola di generazioni di donne in famiglia.

Tra le storie tramandate, InsulaGolosaRicette riscopre Sa trippa a sa sarda, la trippa alla sarda, un ottimo secondo piatto profumato alla menta che, grazie alla sua completezza,  può diventare piatto unico.

 

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La Terra in Tavola

Sardegna è terra di pastori e di contadini, di vento e di sole. Il vento porta i profumi della macchia mediterranea, del timo e dell'elicriso mentre il sole fa sbocciare il fiori dello zafferano e colora di giallo i campi di grano.
La natura è sempre al centro della gastronomia sarda, perché è un dono così è difficile da non accettare. E allora ecco nel piatto ingredienti molto semplici ma unici, regalati da una terra selvaggia e per molti versi ancora incontaminata.
L'ingrediente base della tradizione culinaria isolana è la semola di grano duro sarda (Trigu saldu) a cui si deve un tipo di pasta di alta qualità che si presta ad essere lavorata nelle forme più svariate. Già Benedetto Croce, nel Pentamerone, testo napoletano del 1600,  spiega  che a Napoli la pasta venisse chiamata pasta di Cagliari, a conferma che la qualità delle farine sarde era già da lungo tempo conosciuta ed apprezzata. Non dimentichiamo che Romani importavano il grano dalla Sardegna, definita il granaio di Roma.  Ne abbiamo la testimonianza nel porto antico di Civitavecchia: in una banchina appare uno splendido mosaico, con la scritta karalis, Cagliari in latino, dove appunto le navi romane sbarcavano il grano sardo.
Tra gli  antipasti i più gustosi e profumati troviamo i prosciutti di maiale o di cinghiale come quelli di Fonni, di Desulo e di Oliena, accompagnati da funghi, olive e formaggi, tra i quali il Pecorino sardo, fresco o stagionato, il Casizolu fresco o arrosto spesso servito con miele, altro prodotto d'eccellenza. Oltre ai vari prosciutti sono apprezzate diverse qualità di pancetta, di lonza di maiale e di coppa. Le salsicce e i salumi di Irgoli spesso introducono il pasto delle zone interne, assieme alla Frue o Frughe, ossia il latte cagliato di pecora.murales
Impossibile riassumere in poche righe la varietà di prodotti e di specialità relative ai primi piatti tipici. In ogni paese e in ogni zona le ricette e gli ingredienti cambiano, perché l'isolamento e le distanze tra i paesi hanno determinato originalità e particolarità dei piatti. Così avremo i Malloreddus alla campidanesegnocchetti di semola di grano duro  aromatizzati con lo zafferano, conditi con sugo di salsicce. Mentre più all'interno avremo Malloreddus con Casu furriau cioè con formaggio fuso e zafferano. Nel sassarese troviamo i Cigiones mentre i  Cravaos nel nuorese. Da non dimenticare i Culurgiones sono ravioli ripieni di ricotta e zafferano, oppure con un ripieno a base di patate, formaggio fresco e menta selvatica, tipici dell'Ogliastra.
E poi le Lorighittas sono una pasta preparata  intrecciando un doppio filo di pasta,  prodotti in un solo paese al centro dell'isola, Morgongiori; e ancora i Maccarrones de busa, ossia  i bucatini fatti con un apposito ferro allungato; e i Macarrones furriaos, gnocchetti conditi con pecorino freschissimo, fuso insieme alla semola come una crema soffice; i Macarrones de punzu o Macarrones de ùngia, in gallurese chiamati Chiusòni o Ciusòni, sono particolari gnocchetti di semola di grano duro dalla forma di piccoli cilindri, diffusi su tutto il territorio regionale ma in particolare in Gallura. Gallurese è anche la  Suppa cuata è un piatto fatto con il pane sardo, formaggio meglio se Casizzolu, spezie e pecorino, il tutto ammorbidito con brodo e cucinato al forno. Tipica invece  del sassarese è la Fabadda (favata), piatto del periodo di carnevale e consiste in una zuppa a base di fave secche, cavolo, finocchi, cotenna e carne di maiale.
La fregula è invece una particolare pasta secca di semola di grano duro, lavorata a mano e utilizzata per piatti tipici come fregula con le arselle o la fregula al sugo, tipici piatti costieri influenzati dalle culture mediterranee in particolar modo dalle genti del nord Africa.
Specialità di Assemini è la Panada, un timballo  di pasta sfoglia con  ripieno di carne d'agnello (o anguille), patate e pomodori secchi. Troviamo altre varianti ad Oschiri, Berchidda, Pattada e Cuglieri.
Tipico della cucina contadina nuorese è il Pane frattau ossia Pane carasau bagnato nel brodo, disposto a strati inframezzati con pecorino grattugiato e salsa di pomodoro e con sopra un uovo in camicia; ricordiamo anche la Minestra di merca: il formaggio pecorino fresco fatto asciugare e messo in salamoia si unisce ad un particolare tipo di pasta simile ai ditalini, cotti nel brodo di pecora, con pomodori, zucchine, patate.
Il porchetto arrosto (su porceddu arrustu) è il re della gastronomia dei secondi piatti e della cultura pastorale in tutta l'isola. Profuma di mirto o rosmarino e  delizia il palato anche dei più esigenti. Non da meno è l'arrosto di agnello da latte, piatto tipico delle feste religiose come Paschiscedda e Pasca Manna, ossia Natale e Pasqua; pietanza pù ricercata e dal gusto più pungente e selvaggio è l'arrosto di capretto da latte,  arrostito lentamente allo spiedo con l'aggiunta di aromi della macchia mediterranea.
Il vero piatto selvaggio è però su Sirboni a sa cassarora, cinghiale alla cacciatora. La carne viene tagliata tocchetti e rosolata in un trito di cipolla, prezzemolo, mirto e timo a cui si aggiunge aceto e vino bianco.
Ma se è vero che del maiale non si butta nulla, stessa sorte ha la pecora e i sardi lo sanno bene perché hanno inventato,  la Cordula o Cordedda, gli intestini di capretto o di agnello vengono intrecciati e poi arrostiti avvolti intorno ad uno spiedo oppure  vengono cucinati in umido con piselli (cordula cum pisurci). In alcuni paesi si preferisce  la Trattalia ossia la coratella di agnello o di capretto viene cucinata arrosto nello spiedo o in tegame con cipolle e prezzemolo.
La pecora adulta invece finisce in cappotto ossia  viene bollita con cipolle e patate, poi servita con pane civraxiu bagnato nel brodo di cottura. Una vera "bomba" primaverile.
Lo Zurrette è un piatto preparato con sangue di pecora condito con grasso animale (ottenuto friggendo un battuto di tramacu - l'omento della pecora - in olio extravergine), cipolla, timo serpillo e mentuccia (puleu, menta selvatica), pecorino grattugiato e pane carasau triturato, cotto all'interno dello stomaco dell'animale, per bollitura o, raramente, sulla brace.
La tradizione gastronomica sassarese fa mostra di sé con  lo zimino o ziminu cotto in grabiglia ossia interiora di vitello come il parasangu (diaframma), il cannaculu (intestino), cuore, reni, fegato e milza, cotte in graticola sulla brace.
Gesico e tutto il Medio Campidano invece sono conosciuti dai grandi chef che cercano di rubare loro le ricette della tradizione per le monzette ossia le lumache nelle loro varie pezzature che vanno dalla ciogga minudda (Theba pisana) lessate con delle patate, alla ciogga grossa (Eobania vermuculata) preparate con un sugo piccante o con aglio e prezzemolo, ai coccoi (Helix aspersa) che vengono serviti ripieni di un impasto di formaggio, uova, prezzemolo e pangrattato, alle monzette cotte in padella con aglio, olio, prezzemolo e pangrattato. Questi piatti li ritroviamo però anche a Ossi e Sassari.
Infine su Ghisadu piatto tipico logudorese di carne di pecora o maiale brado rosolata a fuoco lentissimo con pomodoro, alloro, aglio e prezzemolo.

 

 

 

Alziamo i calici

Settembre. Il sole è ancora caldo e le api svolazzano dappertutto. É iniziata sa binnenna, la vendemmia.
I nostri nonni e i nostri genitori, direbbero "storie d'altri tempi"... ricordando con nostalgia quei giorni della loro gioventù. Tutta la famiglia si riuniva in campagna e qui iniziava il rito della vendemmia. Innanzitutto venivano lavate le botti di rovere con l'acqua di mare o con l'acqua dolce della fontana; venivano maneggiate con cura e grande religiosità, perché avrebbero custodito il vino per diversi anni a venire. Poi si andava in vigna a binnennai, a tagliare i grappoli d'uva a mano. Grandi casse di uva bianca o nera venivano portate in spalla a su magazzinu della casa padronale. Qui si pigiava l'uva appena raccolta con i piedi scalzi o più avanti con la frantumatrice manuale. Si otteneva così il mosto che veniva lasciato fermentare per alcuni giorni in grandi tini di legno. I fermenti, l'ossigeno, lo zucchero e quant'altro continuavano l'opera. Il mosto veniva poi torchiato e vinificato. Il liquido profumato veniva poi travasato e conservato con cura nelle botti di rovere precedentemente lavate. La cantina era un luogo magico, il forziere che custodiva il tesoro, qui anche le ragnatele avevano un posto d'onore, per non alterare l'habitat naturale e quindi la bontà del vino. Un lavoro sapiente e preciso che, solo chi aveva dovizia del mestiere, sapeva fare.

 vendemmia

 

 Ripercorrendo i ricordi degli anziani e il lavoro di rinomate cantine sarde, da alcuni anni si è iniziato a parlare delle Strade del Vino per ricondurre gli amanti del vino e i turisti verso quei territori che producono vini doc e docg sardi. La curiosità del viaggiatore, la scoperta del profumo e del sentore del vino si amalgama perfettamente al gusto di un buon primo piatto o un dolce curato ad arte, in un contesto paesaggistico e culturale inedito. Ad ogni zona, la sua uva e il suo vino. Ad ogni strada, una sua connotazione culturale e enogastronomica, proprio ad identificare un territorio già di per sé particolare.

Le strade o i sentieri ci riconducono a quei territori e a quelle cantine ormai conosciute in tutto il mondo. Il Cannonau di Jerzu, il Vermentino di Gallura, il Carignano del Sulcis, il Nuragus di Cagliari, la Malvasia di Bosa e la Vernaccia di Oristano sono alcuni esempi di uno straordinario panorama enologico che proviamo a farvi conoscere.


L'augurio è quello di iniziare il cammino e di scoprire i diversi sentieri del vino, perché quel che conta non è la meta ma il percorso, con i suoi sapori, i suoi panorami, la sua cultura, i suoi racconti.

Alziamo i calici e brindiamo a noi e alla Sardegna.

Arborea

TrebbianoLa DOC Arborea è presente nel territorio di Oristano, in quei bellissimi terreni pianeggianti e fertili, situati a pochi metri sopra il livello del mare, dove un clima caldo e costante è associato a una buona disponibilità idrica. La denominazione di origine controllata Arborea, é riservata ai vini bianchi, rossi e rosati delle seguenti tipologie: Arborea Sangiovese, Arborea Sangiovese rosato, Arborea Trebbiano, Arborea Trebbiano frizzante.
Il Sangiovese Rosso presenta colore rosso rubino, profumo intenso vinoso, sapore asciutto, ma morbido, fresco e aromatico. La gradazione alcolica minima è di 11 gradi. Si accompagna a salsiccia sarda, provolone, agnello in umido e pollame e servito a temperatura di 16-18°C. Il Sangiovese Rosato ha colore rosato tendente al cerasuolo, profumo delicato, sapore asciutto, armonico, sapido e fresco. La gradazione alcolica è di 11 gradi. La versione Rosato va abbinata a caciotta fresca e zuppa di farro e va servita a una temperatura di 13-14°C. sangioveseIl Trebbiano ha colore giallo paglierino talvolta con riflessi verdolini, odore tenue e delicato, sapore secco o amabile, fresco, leggermente acidulo, armonico. La gradazione alcolica minima è di 10,5 gradi.  Il Trebbiano va degustato con Pecorino sardo, zuppa di pesce, primi piatti regionali e pesci grigliati. La temperatura di servizio deve essere di 8-10°C. La Doc Arborea versione Trebbiano, nei tipi secco e amabile, può essere utilizzata per la produzione del tipo frizzante naturale. Il tipo Amabile deve portare in etichetta la specificazione Amabile.

Campidano di Terralba

Bovale Terralba

I vini DOC Campidano di Terralba o Terralba sono ottenuti dalle uve provenienti da vigneti costituiti per almeno l’85% dai vitigni Bovale (Bovaleddu) e/o Bovale grande (Bovale di Spagna). E’ ammessa la presenza fino ad un massimo del 15% di uve provenienti da vitigni a bacca nera.  Le uve prodotte nel territorio dei comuni di Baressa, Gonnoscodina, Gonnostramatza, Marrubiu, Masullas, Mogoro, Morgongiori, Palmas Arborea, Pompu, Santa Giusta, San Nicolò d’Arcidano, Simala, Siris, Terralba e Uras, in provincia di Oristano, e dei comuni di Arbus, Collinas, Gonnosfanadiga, Guspini, Pabillonis, San Gavino Monreale, Sardara e Villanovaforru, assicurano ai vini Campidano di Terralba o Terralba un titolo alcolometrico minimo naturale dell'11% vol mentre per le tipologie «Superiore» e «Riserva» un titolo alcolometrico minimo naturale del 12%.

Campidano di Terralba o Terralba Bovale e Bovale grande non possono essere immessi al consumo prima del 31 marzo successivo alla annata di produzione delle uve. Per la tipologia «Riserva» è previsto un periodo di invecchiamento obbligatorio di almeno due anni che decorre dal 1° novembre dell’anno di produzione delle uve.

Dal colori rosso rubino più o meno chiaro si riconosce dai profumi, vinosi e fruttati, molto intensi, con gusti sapidi e asciutti, dal corpo pieno e di carattere. Tra i migliori dell'isola, è un vino a tutto pasto, ma preferisce le grigliate di carni miste e piatti di maiale e pecora. Viene servito sia a basse temperature, intorno ai 13-14°C, che a temperature tra i 18 e i 20°C.

 

 

Cannonau di Sardegna

Cannonau vitigno

Il Cannonau è il vitigno a bacca nera di probabile origine spagnola, il più diffuso in Sardegna e il suo vino rosso è il più conosciuto nel mondo: richiama immediatamente alla memoria l'isola, le sue antiche tradizioni e la sua speciale ospitalità.
La coltivazione del vitigno, però, trova il suo ambiente d'elezione nelle zone più interne, in particolare l’Ogliastra. Dalle uve Cannonau si produce il vino Doc Cannonau di Sardegna, rosso o rosato, ottenuto per il 99% di uve Cannonau e il restante 1% massimo da uve di produzione locale. L'invecchiamento obbligatorio minimo di questo vino è di un anno, del quale, almeno 6 mesi, trascorsi in botti di rovere o castagno. La Doc Cannonau di Sardegna comprende le sottocategorie: Jerzu, Capo Ferrato, Oliena o Nepente di Oliena. Inoltre, in uvaggio con il Bovale sardo e la Monica, partecipa alla Doc Mandrolisai.
Nella versione Secco, il Cannonau si presenta di colore rosso granata intenso, tendente all'arancio con l'invecchiamento nella versione Riserva; il profumo è intenso e molto vinoso con evidente nota dell'uva, sottobosco e prugne; il sapore è secco, sapido, generoso e persistente. Va servito a circa 20°C e è particolarmente adatto ai piatti di carne, come arrosti e selvaggina. Nell'abbinamento con i formaggi, vanno prediletti i pecorini stagionati e piccanti.

Carignano del Sulcis

carignano del sulcis

Il Carignano del Sulcis è un vino DOC tipico della zona del Sulcis fra le ultime propaggini montane della Sardegna sud-occidentale e il mare, su terreni sabbiosi e calcarei. Furono i Fenici, fondatori dell'antica Solki nell'isola di Sant'Antioco, ad introdurre in Sardegna questo meraviglioso vitigno.
Esistono diverse tipologie del vino doc: rosato, rosso, superiore, riserva, novello, passito. É costituito da un min dell'85% di uva carignano ma possono concorrere altre uve provenienti da vitigni a bacca rossa non aromatici con un max del  15%.

Il Carignano rosso si riconosce dal colore rubino, dal gusto caldo e secco, con una gradazione alcolica di 11,5 gradi, il Carignano si accompagna ottimamente al pecorino sardo di media stagionatura, salsiccia sarda, capretto e porchetto arrosto e allo spiedo, piccione all’uva. Va servito con una temperatura di 16-18°

Il Carignano rosato si distingue dal colore appunto rosato più o meno carico con un odore gradevolmente vinoso e dal sapore asciutto e armonico, ovvero caratteristico. Temperatura di servizio 12-14° e si accompagna bene con Fiore sardo, caciotta fresca, zuppe e impanadas.

Le uve selezionate vengono raccolte già mature, vengono adagiate su graticci e lasciate appassire in un fruttaio aperto lateralmente, per consentire un’adeguata ventilazione. A seguire subiscono una macerazione delle vinacce per 2 o 3 giorni e un affinamento di 6 mesi in botti di rovere e ulteriori 3 mesi in bottiglia. Con i suoi 15% vol. di gradazione alcolica, il Carignano passito possiede un colore rubino intenso che sfuma verso l'ambrato e all’olfatto offre un’esplosione di sentori di sottobosco, macchia mediterranea, marasca e amarena. È ricco di corpo, dolce ed equilibrato al gusto. Invecchiato da 3 a 6 anni è ottimo se accompagnato a dolci tipici come le sebadas, i bianchittu e i piricchittus  Temperatura di servizio 16-18°.

 

 

 

Cocktail alla melagrana

Cocktail melograna La stagione fredda è arrivata e le festività sono ormai alle porte, così InsulaGolosaRicette vi suggerisce un cocktail alla melagrana con struttura, aroma e colore tipicamente festaiolo.

Alcuni frutti semplici, melagrana e mela, regalati da madre natura e un buon prosecco sardo, fanno la giusta alchimia per un cocktail divertente e originale da offrire anche come aperitivo per il pranzo di Natale o la cena di San Silvestro. Parole d'ordine, Buon divertimento ♥

 

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Cocktail all’arancia

aranceRendiamo omaggio al sole, che illumina la nostra isola, scandendo le stagioni e i raccolti, con un cocktail agli agrumi di San Sperate: struttura, aroma e colore devono essere ben bilanciati per ottenere un effetto aranciato. Ecco quindi una semplicissima ricetta per  un cocktail, fresco e giovane, risultato di una miscela ben proporzionata ed equilibrata di ingredienti alcolici e aromi naturali prodotti esclusivamente in Sardegna.

 

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Girò di Cagliari

girò di CagliariIntrodotto nel Campidano di Cagliari durante la dominazione spagnola, il Girò è vitigno di pregio e potenzialità per la produzione del vino Doc da dessert, riconoscibile immediatamente per la raffinatezza. Si è diffuso nell’Isola durante l'amministrazione piemontese, grazie alla politica viticola attuata (1736) dal viceré Marchese di Rivarolo, il quale rese obbligatoria la coltura del vigneto persino con la minaccia della confisca delle terre. In Sardegna anche il Girò, agli inizi del secolo scorso, venne colpito dalla fillossera che colpì tutti i vigneti sardi, i quali avevano registrato alla fine dell’Ottocento la loro massima espansione, ma si riprese successivamente con l’avvento delle nuove tecniche di coltivazione della vite innestata su piede americano.
La qualità e le caratteristiche organolettiche del Girò di Cagliari sono il risultato della coltivazione della vite sui caratteristici terreni, soprattutto nella provincia di Cagliari e alcuni della provincia di Oristano, dove sono presenti diverse essenze tipiche della macchia mediterranea. L’ambiente geografico, nelle sue molteplici diversità, si rispecchia nelle caratteristiche del vino e nelle sue diverse tipologie producibili quali il rosso e il liquoroso. Per la tipologia Liquoroso riserva è previsto un invecchiamento di almeno due anni, di cui uno in botti di rovere o di castagno; è un ottimo vino da dessert.
Il Girò di Cagliari Rosso si presenta con un intenso rosso rubino dai bagliori aranciati ed profumi che ricordano confettura di ciliegie, caramello e cotognata; in bocca è consistente e vellutato, equilibrato e fine per dolcezza e calda suadenza. Si accompagna a pietanze delicate di fine pasto.

 

 

 

Le rose nei vigneti

rosaAvete mai avuto la fortuna di trovare una rosa, capofila in un filare di un vigneto? Se la risposta è positiva, considerativi dei privilegiati, perché quella rosa non è solo bella e profumata ma è anche la guardiana della salute della vite.

Gli antichi sapevano che la rosa è una pianta molto delicata e piantarla nei pressi della vite li aiutava a capire se il vitigno poteva essere aggredita da malattie come lo iodio (il mal bianco) o la peronospora. 

Ora gli studi confermano che la rosa si ammala in anticipo rispetto alla vite, solitamente una settimana prima, dando la possibilità al contadino vignaiolo di intervenire con irrorazioni a base di zolfo o ramato.

Rose vignetoAndata in disuso con il mutare delle tecniche agrarie e di allevamento della vite, questa pratica antica è stata ripresa da molti vignaioli nostalgici e soprattutto molto attenti a cicli biologici naturali, nella consapevolezza che un paesaggio fiorito giova all'immagine territorio e alla produzione del buon vino.

Non è difficile quindi percorrere le strade sterrate che costeggiano i vigneti e sentire il profumo della vite insieme a quello delle rose.

I loro colori inizialmente si mimetizzano armoniosamente e più ci si avvicina, più l'immagine prende forma, regalandoci emozioni  inedite. 

 

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