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Archimissa, Ispigula areste, Spigu

LavandaIn primavera, nella macchia mediterranea più selvaggia, tra il cisto e il lentisco, spuntano i fiori viola- bluastri d

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Carnevale, ogni dolce vale

Casalinghe disperate... mai♥

Vernaccia di Oristano

Vernaccia di Oristano

Dal vitigno bianco Vernaccia nasce la Vernaccia di Oristano Doc, un vino da meditazione, corposo e alcolico, molto conosciuto tra gli intenditori tanto che rivaleggia con i celebrati Porto, Madera, Sherry, nonché Marsala.
Predilige i terreni alluvionali costituiti da materiale di disgregazione rocciosa tipici della Bassa Valle del Tirso, in provincia di Oristano. Ubicazione quindi di una ristretta area di diffusione che già i Fenici, fondatori di Tharros, conoscevano tanto che si ipotizza che siano stati proprio i fenici a introdurre questo vitigno in Sardegna.

Secondo altri le origini molto antiche fanno ipotizzare la spontaneità della Vitis Vinifera. Il suo nome deriva dal latino Vernacula, vino del luogo e il primo cenno storico scritto risale al 1327, nel “Breve di Villa di Chiesa” libro di leggi conservato ad Iglesias. Nel periodo Giudicale, grazie Eleonora d'Arborea si imposero con la "Carta de Logu" gli impianti di vitigni nei terreni incolti e severe leggi per la loro salvaguardia. Alla fine del XIX secolo tutte le viti in Europa, e anche la Vernaccia di Oristano, vennero distrutte da un insetto parassita, la filossera, che venne debellata con l'innesto su barbatelle di vite americana. Nel dopoguerra ci fu una forte ripresa della produzione, e molti produttori si riunirono in cooperativa e ottennero il disciplinare di produzione della Vernaccia di Oristano DOC. In ogni caso la Vernaccia è  il simbolo della cultura e della storia di Oristano. Tradizione e leggenda si intrecciano e raccontano che la patrona di Oristano, Santa Giusta, con le sue lacrime dorate, da cui nacque il vino, avesse il potere di curare la malaria, che nei secoli scorsi infestava le zone paludose dell'oristanese.

La Vernaccia di Oristano viene prodotta con un procedimento molto particolare. Le uve vengono raccolte tardivamente, quando, a causa della disidratazione degli acini, gli zuccheri si sono concentrati. Segue la fermentazione, particolarmente lunga: gli zuccheri, presenti in quantità molto elevata, si  trasformano in alcol. II vino così ottenuto viene messo in botte di rovere o castagno, ma senza che questa sia riempita totalmente; in tale modo il vino, a contatto con l’aria, si vela in superficie di particolari lieviti, i “flor”, che lo proteggono dall’ossigeno, conferendogli un particolare sapore. Si riconosce quindi dal colore giallo dorato ambrato e dal profumo delicato alcolico con sfumature di fior di mandorlo. Il sapore è fine, sottile, caldo, con leggero e gradevole retrogusto di mandorle amare.
Esistono cinque tipi di Vernaccia di Oristano: Secco, con gradazione alcolica minima del 15% e affinamento di almeno 29 mesi, Superiore, con gradazione alcolica minima del 15,5% e affinamento di almeno 41 mesi, Superiore Riserva, con gradazione alcolica minima del 15,5% e affinamento di almeno 53 mesi, Liquoroso, con gradazione alcolica minima del 16,5% e affinamento di almeno 29 mesi, e Liquoroso Secco o Dry, con gradazione alcolica minima del 18% e affinamento di almeno 29 mesi.
Le varietà meno invecchiate e meno alcoliche possono essere servite a tavola ad una temperatura di servizio di 12° C.  Ottimo l’abbinamento con la bottarga e con il pecorino sardo stagionato. Le altre tipologie si servono come aperitivo o dopo il pranzo serale, come vino da meditazione; la varietà dolce si può infine servire come fuori pasto e con dolci secchi e a base di mandorle ad una temperatura di servizio di  8-10 °C

Vini in Cartina

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Vitigni Autoctoni Sardi

Il termine autoctono riservato ad un'uva significa che quel vitigno è nato e si è sviluppato in un preciso luogo geografico adattandosi al territorio che lo ha ospitato fin quasi a fondersi con esso. Così come accade per i nobili casati, che vantano alberi genealogici che affondano sicuri nei meandri del tempo, anche l'uva autoctona per essere tale deve risiedere nel luogo di origine da parecchi anni.
In Italia possiamo vantare un patrimonio costituito da oltre un centinaio di uve autoctone di consolidata tradizione, alcune molto conosciute, altre in via di estinzione. Per fortuna i vini prodotti con uve autoctone oggi sono di gran moda, perché sono ricchi di personalità e rappresentano una buona risposta all'omologazione mondiale del gusto.

Bacca Rossa
Aglianico, Albarenzeuli Nero, Aleatico, Ancellotta, Barbera Sarda, Bovale, Bovale Grande, Caddiu, Cagniulari, Canaiolo Nero, Cannonau, Caricagiola, Carignano, Dolcetto, Gaglioppo, Girò, Greco Nero, Malvasia Nera, Monica, Nieddera, Nieddu Mannu, Pascale, Sangiovese

Bacca Bianca
Albarenzeuli Bianco, Arvesignadu, Biancolella, Clairette, Falangina, Forastera, Malvasia Bianca di Candia, Malvasia di Sardegna, Moscato Bianco, Nasco, Nuragus, Retagliado Bianco, Sauvignon, Seminano, Torbato, Trebbiano Toscano, Vermentino, Vernaccia

ALBARANZEULI BIANCO (Sardegna) Questo vitigno sardo a bacca bianca, denominato pure Albillo ed Albicello, ha delle omologie genetiche con l'Albanello/a marchigiano o siciliano. Si tratta di un vitigno rustico, piuttosto produttivo, resistente alle crittogame, in grado di dare buoni risultati enologici soprattutto se vinificato in uvaggio con altre varietà locali. La sua origine è alquanto incerta, probabilmente di lontana provenienza spagnola, è attualmente in via di estinzione. La sua diffusione, estremamente limitata, riguarda alcuni Comuni dell'oristanese, dove viene denominato Lacconargiu o Lacconarzu, e qualche vecchio vigneto del nuorese. Non sono note le caratteristiche organolettiche dei vini ricavati dalla sua vinificazione in purezza.

ARVESIMIADU (Sardegna) Questo vitigno probabilmente autoctono sardo è anch'esso a rischio di estinzione. Conosciuto anche con il nome di Arvu Siniadu, Argu Ingiannau o Uva Oschirese, è diffuso sporadicamente in provincia di Sassari, talvolta in Campidano. É un vitigno molto vigoroso con grappoli grossi ed allungati, molto spargoli, con acini piccoli, ben adattato a terreni leggeri di collina, preferibilmente granitici. Le sue uve vengono esclusivamente vinificate insieme ad altri vitigni per la produzione di vini bianchi comuni, dunque non se ne conoscono le caratteristiche organolettiche peculiari.

BOVALE (Sardegna) Affine per certi versi al Mourvedre, al Morastrell ed al Minustrello della Corsica, questo vitigno a bacca nera, detto anche Bovaleddu, si è probabilmente differenziato nel corso dei secoli dal Bovale Grande, o Bovale di Spagna. Dal punto di vista ampelografico, esso si caratterizza per una produttività elevata, una buona adattabilità a diversi climi e ambienti ed una media tolleranza alle principali crittogame. Solitamente vinificato insieme ad altre varietà locali, alle quali apporta colore, acidità e corpo, esso entra nella produzione della DOC Mandrolisai, prodotto nelle province di Nuoro e di Oristano, e Campidano di Terralba, prodotto nelle province di Cagliari e di Oristano.

CADDIU (Sardegna) Conosciuto con altri nomi, tra cui Caddu a Bosa, Niedda Perda Sarda a Terralba e Caddiu Nieddu a Oristano, esso è diffuso quasi esclusivamente nella Bassa Valle del Tirso, consociato ad altre varietà a bacca nera. É una varietà molto vigorosa, mediamente produttiva, con una discreta resistenza ai freddi invernali ed alle crittogame. Le sue uve vengono utilizzate solo assieme ad altri vitigni per la produzione di vini rossi comuni, ma anche quale uva da tavola, data la consistenza e la dimensione degli acini.

CAGNULARI (Sardegna) Vitigno a bacca rossa di probabile origine spagnola, è diffuso soprattutto nel sassarese. In Gallura viene chiamato a volte "Caldareddhu". Deriva con tutta probabilità dal Bovale di Spagna, sebbene per molti caratteri sia confrontabile con il Mourvedre. Viene coltivato soprattutto nei terreni di Usini, con interessanti realtà dedicate a questo vitigno anche nei comuni di Ossi, Tissi, Uri, Ittiri, Sorso ed Alghero. É un vitigno utilizzato come vino da taglio per contribuire alla produzione di un vino rosso da pasto.

CANNONAU (Sardegna) Le origini e la provenienza del vitigno Cannonau non sono conosciute con certezza assoluta, ma tutti sono concordi ad ipotizzarne la comparsa in Sardegna, proveniente dalla penisola iberica fin dall'inizio della dominazione spagnola sull'isola. Comunque stiano le cose, il Cannonau ha di fatto trovato in Sardegna un habitat ideale, godendo l'immediato favore dei viticoltori locali che lo hanno diffuso praticamente in ogni angolo dell'isola, fino a fargli ricoprire circa il 20% di tutta la superficie vitata del territorio. Il Cannonau viene usato nella produzione di rossi, rosé e di vini a sostenuta gradazione alcolica. La zona DOC del Cannonau di Sardegna comprende l'intera regione, che a sua volta è divisa in tre sottozone: Oliena (incentrata sui comuni di Oliena e Orgosolo in provincia di Nuoro), Capo Ferrato (che include i comuni di Castiadas, Muravera, San Vito, Villaputzu e Villasimius in provincia di Cagliari) e Jerzu (incentrato sui comuni di Jerzu e Cardedu in provincia di Nuoro).

CARICAGIOLA (Sardegna) Di origine incerta, questo vitigno a uva rossa è diffuso quasi esclusivamente in Gallura. Secondo alcuni sarebbe autoctono, secondo altri proveniente dalla vicina Corsica (dove viene chiamato Bonifaccencu o Carcaghjolu Nero, ovvero "nero che dà molta uva"); secondo altri ancora deriverebbe dal Vermentino Nero toscano o sarebbe imparentato con il Mourvedre Nero o Bonvedro portoghese. Di costituzione vigorosa ed elevata produttività, rustico, preferisce terreni di natura silicea, dove da luogo a vini di colore rosso rubino acceso, con aroma di frutti rossi, ricco di tannini, di acidità contenuta.

CARIGNANO DEL SULCIS (Sardegna) Ancora una volta ci troviamo di fronte ad un vitigno di origine incerta. La tesi più accreditata, basata sull'analisi dei suoi numerosi sinonimi dialettali, lo vuole proveniente da occidente, probabilmente dall'Aragona, in Spagna, da dove si diffuse, assumendo via via nomi diversi, dal sud della Francia fino all'Algeria ed alla Tunisia. In Sardegna si sarebbe concentrato nella zona sud-occidentale grazie alla sua resistenza ai venti ricchi di salsedine provenienti dal mare. Dalla sua trasformazione si ottengono dei gradevolissimi vini da pasto, capaci di vivere con successo una propria vita commerciale.

MONICA (Sardegna) Non si hanno notizie certe riguardo alla sua origine. Sarebbe stato introdotto in epoca remota dai Mori. Più probabile appare invece la teoria che vuole il vitigno Monica provenire dalla Spagna; sviluppatosi inizialmente nell'algherese venne poi diffuso nel resto dell'Isola ad opera dei monaci camaldolesi. Quest'ultimo evento sarebbe alla base della denominazione del vitigno. Il vitigno Monica è il più diffuso in Sardegna, in pratica si trova ovunque con le sue ovvie differenze qualitative. La DOC fa una distinzione fra il Monica di Sardegna e il Monica di Cagliari. La zona di maggior produzione è compresa fra Cagliari, Iglesias ed Oristano ed è considerato il più rappresentativo fra i vitigni rossi.

MOSCATO BIANCO (Sardegna) Il Moscato è uno dei vitigni più diffusi e caratterizzati di tutta l'Europa vinicola. Tra i tanti suoi diversi cloni, in Sardegna è diffuso da tempo immemorabile il "Moscato Bianco";, la cui presenza può essere fatta risalire all'epoca dell'occupazione romana. Qui, nel corso dei secoli e con il concorso dei diversi terreni e delle differenti condizioni pedoclimatiche, le sue caratteristiche si sono differenziate dal ceppo continentale originario. Nell'ambito delle diverse aree geografiche dell'Isola, hanno origine vini ben differenziati: Moscato di Sardegna, Moscato di Cagliari, Moscato di Sorso-Sennori.

NASCO (Sardegna) Già conosciuto in epoca romana, questo vitigno a bacca bianca deriva il suo nome dal latino "muscus" ovvero "muschio", per via del caratteristico aroma avvertibile specialmente nell'uva matura e nel vino invecchiato.La sua diffusione, limitata all'entroterra di Cagliari, avvalorerebbe l'ipotesi di una sua introduzione attraverso l'approdo di Karalis. Mediamente vigoroso e produttivo, esprime le sue migliori caratteristiche su terreni piuttosto sciolti, in aree a clima caldo e asciutto, dove esprime una mediocre resistenza alle avversità climatiche ed ai principali patogeni. Attualmente la sua coltivazione, ridotta a pochi ettari, è circoscritta alle aree viticole di alcuni Comuni in provincia di Cagliari, dove è alla base della DOC Nasco di Cagliari, prodotto nelle province di Cagliari e Oristano. Il vino che se ne ricava è liquoroso, di colore giallo dorato, con delicati aromi di moscato e di mandorla amara, di media struttura, con fin di bocca piacevolmente amarognolo.

NIEDDERA (Sardegna) Il nome sta ad indicare un vitigno dalla buccia scura, in grado di dare origine a vini fortemente colorati. Nulla si sa di certo su questa antica varietà sarda, anche se, secondo alcuni autori, il Nieddera sarebbe un particolare biotipo di Carignano. Il Nieddera è diffuso in pochissimi esemplari nelle zone di Cagliari, Nuoro ed Oristano. Viene utilizzato per la produzione di un vino di eccellente qualità il Valle del Tirso IGT Nieddera rosato della Casa Vinicola Contini.

NURAGUS (Sardegna) L'origine del vitigno Nuragus si perde nell'arco dei tempi: è certamente uno dei primi vitigni introdotti in Sardegna, con molta probabilità dai navigatori fenici all'atto della fondazione della città di Nora, i cui ruderi si trovano ai margini meridionali della pianura del Campidano. Questa ipotesi è basata oltre che sul nome (il prefisso "nur" è di derivazione fenicia), anche sull'area di diffusione, limitata appunto alla pianura retrostante l'approdo. Questo vitigno non ha particolari esigenze pedoclimatiche, resiste abbastanza bene alle crittogame e ha un'ottima produttività: infatti raggiunge nei vigneti tradizionali ad alberello anche i 100 q/ettaro, quando in analoghe circostanze altri vitigni difficilmente arrivano ai 50 q/ettaro. Questa è una delle ragioni per cui all'atto della ricostituzione dei vigneti fillosserati si è preferito il Nuragus al senz'altro migliore, ma più delicato, Semidano. Dalla vinificazione del Nuragus si ottiene l'omonimo vino DOC Nuragus di Cagliari nelle tipologie frizzante e amabile; inoltre l'uva raccolta anticipatamente viene utilizzata per la produzione di base di spumante brut. Il vino comune ottenuto dai vigneti tradizionali, di facile maderizzazione, viene usato come vino da taglio o vino base per la preparazione di vermouth.

VERMENTINO (Liguria e Sardegna) E' un vitigno giunto in Liguria dalla Spagna nel 1300. Ben adattato alle caratteristiche locali produce uve bianche di pregio che entrano nei vini delle Cinque Terre. Bene anche la Sardegna. Dà vini freschi, delicati, moderatamente aromatici.

VERNACCIA DI ORISTANO (Sardegna) La denominazione "Vernaccia" viene spiegata come derivante dal latino "vernaculus", che significa "del posto", oppure "locale". Secondo l'ipotesi più accreditata, l'introduzione di questo vitigno in Sardegna sarebbe dovuta ai Fenici che l'avrebbero introdotta attraverso il porto di Tharros. La Vernaccia di Oristano, da non confondersi con la Vernaccia di San Gimignano, è diffusa e coltivata esclusivamente in Sardegna, nella Valle del Tirso da sempre famosa per la coltivazione pressoché esclusiva di questo straordinario vitigno sardo (uno dei pochi a potersi definire realmente autoctono). Dallo stesso si ricava l'omonimo vino DOC, dal colore giallo, dorato e ambrato, dal profumo delicato, alcolico, con sfumature di fiori di mandorlo e un sapore fino, sottile, caldo, con leggero e gradevole retrogusto di mandorle amare. Gradazione minima 15,5 gradi e invecchiamento obbligatorio di due anni in botti di castagno o di rovere. É un buon vino da fine pasto. Con una gradazione di 15,5 gradi e tre anni di invecchiamento la Vernaccia può portare la qualifica superiore; per la riserva occorrono, invece, quattro anni di invecchiamento. Si produce anche nei tipi Liquoroso dolce e Liquoroso secco o dry, con un invecchiamento di due anni e una gradazione di 16,5 gradi nel tipo dolce e di 18 gradi nel tipo secco o dry. Tipologie indicate come vino da dessert e da meditazione. Particolarmente interessante è il metodo di produzione: il vino viene affinato in botti di castagno o di rovere tenute in parte vuote, in ambienti soggetti a forti sbalzi termici.

Ho tratto l'elenco descrittivo sui vitigni autoctoni sardi da
http://www.parlapa.com/_news/page20/page17/page13/page13.html

Zone di produzione

Territorio, vini e vitigni

Sulcis - Iglesiente
3500 ettari di vigne: l'area d'elezione del Carignanosulcis

E' l'area d'elezione del vitigno Carignano; sono presenti anche, se in misura minore, Monica, Nuragus e Vermentino. In alcune zone caratterizzate da un minimo di disponibilità idrica e da una media fertilità del suolo, si stanno diffondendo vitigni bianchi, oltre a quelli presenti, anche Chardonnay, Pinot B., Sauvignon, di nuova introduzione. Anche nell'ambito delle varietà a frutto nero si stanno introducendo i Cabernet, il Sangiovese, il Barbera, il Montepulciano.

 

Parteolla - Campidano di Cagliariparteolla
11.000 ettari di vigne: Nuragus, Vermentino e Monica

È un'area vasta ed eterogenea comprendente territori collinari e di pianura e comprende principalmente: Nuragus, Vermentino e Monica. Tra i minori si citano: Bovale Sardo, Barbera Sardo, Pascale di Cagliari, Alicante, Girò rosso, Malvasia, Nasco, Moscato. Anche per quest'area vale c'è una integrazione varietale con vitigni diversi sia bianchi che rossi.

 

Marmilla - Trexenta
2000 ettari di vigne: la zona classica del Nuragusparteolla

Rappresenta un'area vasta e di grande interesse per la viticoltura; il territorio delle due aree presenta una morfologia collinare a diversa pendenza, ma compatibili con le esigenze della meccanizzazione. La natura dei suoli è anch'essa variabile, ma idonea per la vite, nonostante la scarsa disponibilità idrica. Può essere definita la zona classica di produzione del vino Nuragus, pur essendo presenti numerosi altri vitigni: Monica, Vermentino, Bovale Sardo, Pascale di Cagliari, Malvasia, Moscato, ecc.

 

Campidano di Terralba - Marrubiu - Mogoromogoro
1500 ettari di vigne, prevale il Carignano

Nella vasta area geografica vasta e variegata per la conformazione geo-pedologica è prevalente il vino Carignano (denominato nella zona Bovale di Spagna), ma sono presenti anche Monica, Bovale Sardo, Nuragus, ed inoltre Semidano, Sangiovese, Trebbiano, ecc. Nelle aree collinari si sta mantenendo la tipologia produttiva dei vini rossi, riservando alle aree di pianura la coltivazione dei bianchi.

 

Ogliastra - Dorgalese - Barbagia - Costa Orientale Sarrabus - Gerreiogliastra
7000 ettari di vigne: l'area del Cannonau

Comprende un vasto territorio, che dalla fascia litoranea orientale si estende all'interno della Barbagia di Nuoro e comprende i territori di Oliena e Dorgali: è conosciuta da tutti come l'area del Cannonau e può essere definita ad indirizzo monovarietale. Infatti solo nel Sarrabus il Cannonau è stato integrato con il Carignano.

 

Gallura
3000 ettari di vigne: area d'elezione del Vermentinogallura

Per le favorevoli condizioni climatiche e del suolo il vitigno del Vermentino ha potuto esplicarvi al meglio le proprie potenzialità. Per rendere più flessibile l'utilizzo della materia prima Vermentino, c'è stata una moderata integrazione con vitigni cosiddetti nobili (Chardonnay, Pinot) utilizzabili, d'altra parte, anche per la produzione di vini spumanti, che trovano in Gallura condizioni favorevolissime.

 

Nurra Algherese e Romangianurra
4000 ettari di vigne: prevale il Vermentino

Area non vasta è segnata dai territori della Romangia ovvero dei Comuni di Sorso e Sennori. E' prevalente il Vermentino; seguono Cannonau e altri vitigni minori, ad esempio il Torbato, tipico vitigno di questa zona.

 

Micro-Aree
3000 ettari di vigne: aree del D.O.C. del Mandrolisai sennori
e della Vernaccia di Oristano

Sono comprese il Meilogu, il Mandrolisai, la Planargia e l'area della Vernaccia (Oristanese). Sono caratterizzate da produzioni enologiche di pregio, come ad esempio il D.O.C. del Mandrolisai, la Vernaccia di Oristano e la Malvasia della Planargia.


 

 

 

 

 

 

 

 

 

Contorni per il pesce

BarcheLa leggendaria ospitalità sarda, non è esclusiva delle zone interne, ma è molto diffusa anche nelle coste dove il mare regala prodotti freschi in tutti i periodi dell'anno. Nelle tavole abbondano i pesci, i molluschi e i crostacei, ogni volta protagonisti in tutte le loro varianti, arrosto o in umido, fritti o al forno. Esistono un'infinità di primi e secondi piatti e tantissimi antipasti. 
Ma i contorni con i piatti di pesce quali sono? Effettivamente i contorni di pesce sono difficili da catalogare. E'  un po' come catalogare le tante isole satelliti che circondano l'isola golosa, indefinite tra l'azzurro del cielo e il blu del mare, immerse tra la terra e l'orizzonte. Si contano oltre 40 isole minori, tutte particolari e dai nomi più inconsueti, come l'Isola dei Cavoli dove non si coltivano cavoli o l'isola della Vacca dove non ci sono vacche. 
Ma torniamo ai contorni per il pesce e scopriamo che InsulaGolosaRicette suggerisce 
contorni a base di prodotti di terra e non di mare. Questo è proprio curioso: le patate,  i legumi e tante verdure cotte al vapore sono perfette con qualsiasi secondo piatto di pesce. 
Più in dettaglio le cipolle e le carote bollite e condite con olio evo sono ideali per accompagnare le orate al forno o cotte al vaporeI fagiolini verdi al vapore e le zucchine saltate in padella con poco olio evo, si sposano bene con le sogliole, mentre i cetrioli sbucciati e salati sono frizzanti con i pesci dal sapore dolce come l'anguilla o la trota. Tutte le insalate di verdure miste sono il contorno preferito per il tonno cotto alla brace o a vapore. I carciofi crudi salati e aromatizzati al limone sono ottimi con la bottarga servita a fette sottilissime. Le peperonate di melanzane e peperoni si abbinano ai pesci al forno come le orate o le spigole di mare aperto. Gli spinaci, le bietole e la lattuga sono perfetti con tutti i piatti di pesce.  E infine i pomodori, meglio se camone, accompagnano qualsiasi pietanza a base di crostacei o molluschi

 

Curiosità: I piatti di pesce si accompagnano a vini bianchi secchi o a rosati leggeri come il Vermentino o il Carignano  

Anguli de corcoriga e scibudda

torta salata alle cipolle e zucchine

Finalmente la bella stagione è arrivata con tutte le delizie dell'orto. La cucina si colora con le verdure saporite e profumate: pomodori, peperoni, melanzane, carote, cipolle, cetrioli, e ovviamente le superlative zucchine che si prestano a tanti tipi di preparazione.

Serve solo un po' di fantasia e come per magia, si portano in tavola piatti delicati e sofisticati come le stesse zucchine, eleganti per forma e colore: verdi scure e allungate con striature più chiare, verdi chiare a forma di clava, verdi chiare a buccia striata, tonde chiare, tonde scure, a collo d'oca gialle, e infine lunghe e bianche.

L'introduzione in Sardegna della zucchina si fa risalire al XIX secolo. Numerose le ibridazioni spontanee o ad opera dei contadini che hanno creato diverse varietà locali, tutte ottime; le forme e i colori sono simili, ma ciascuna ha le sue peculiarità: solo  gli indigeni e gli attenti consumatori sanno riconoscerle. Ricordiamo la zucchina di Gavoi, di Bonnanaro, di Bosa, di Laerru, di Scano Montiferro, di Armungia, di San Nicolò Gerrei. E, infine, la regina isolana, liscia all'esterno e compatta all'interno, la zucchina bianca sarda il cui nome inganna perché in realtà è giallo-verde...

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Caponata alla sarda

caponata sarda

Il sole irradia luce già dal primo mattino. Sento la carezza del vento di scirocco che porta i profumi della prima estate, sentore di elicriso e salsedine, di rosmarino e rose selvatiche. 

Vorrei addormentarmi sulla sabbia della mia spiaggia preferita e aspettare che le onde della risacca mi sveglino dolcemente. Quanti sogni ho fatto su quella spiaggia, quanti viaggi ho immaginato solo guardando l'orizzonte lontano, dove il blu del mare ha il colore dell'inchiostro più scuro.

Lì dove il cielo si unisce all'acqua, per secoli fenici, romani, spagnoli, e pirati saraceni hanno scorrazzato fino a raggiungere le coste dove popoli più eletti avevano costruito pozzi sacri, nuraghi e non ultime le tonnare. 
Epopee di genti che nel bene e nel male hanno disegnato la nostra vita, la nostra storia e la nostra cultura enogastronomica.

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Carciofi marinati

carciofi marinatiPer tutto l'inverno fino ad aprile inoltrato, nel Campidano cagliaritano è facile scorgere intere distese di eleganti boccioli verdi con sfumature violacee, fieri si mantengono eretti, sotto i frequenti venti di scirocco e maestrale. Non sono tulipani, non sono orchidee, ma sono gli ortaggi più amati dai sardi, i carciofi spinosi.
Belli e saporiti sono il vanto della nostra terra. A dir il vero c'è anche il rovescio della medaglia: 
nel parlare comune, quando si vuol sminuir qualcuno, si dice "Parisi una cancioffa", ovvero "Sembri un carciofo". 
Non so spiegare il perché di questi antipodi, forse dipende dal fatto che il carciofo, per quanto bello sia appena sbocciato, si rovina facilmente e le sue spine sono molto fastidiose.
L'unica cosa certa è che i carciofi sono molto saporiti. Il loro profumo, intenso e floreale,  si unisce perfettamente alla loro consistenza, tenera e croccante. Inoltre il loro gusto, amarognolo e dolciastro insieme, è una caratteristica che li rende molto versatili in cucina.

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Carciofi ripieni

carciofi ripieniIl carciofo spinoso della Sardegna è il re dei campi isolani, con la sua corona spinosa. E' riconosciuto in Europa e nel mondo con la denominazione di origine protetta (DOP) nel 2011
Oltre al carciofo spinoso, in Sardegna è diffuso il Masedu, caratterizzato dall'assenza di spine, tant'è che in lingua sarda significa mansueto e inerme.
Nelle tavole dei sardi lo spinoso è presente da ottobre fino a maggio quando gli ultimi tagli regalano l'ultimo suo profumo intenso e floreale. La sua consistenza è tenera e croccante e il gusto è corposo con equilibrata sintesi di amarognolo e dolciastro.
Solitamente viene consumato crudo, ottimo in pinzimonio, in insalata e con la bottarga a fette, ma è anche cotto con l’agnello o le patate. 

InsulaGolosaRicette propone un contorno tipico della tradizione contadina, molto semplice da preparare, i Carciofi ripieni arrosto, una delizia da provare. 

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Carciofi spinosi sott'olio

Carciofi olio

Il carciofo è un ortaggio originario del bacino del Mediterraneo. Ne abbiamo testimonianze nella civiltà egizia e greca. Fu coltivato anche nel periodo romano per le sue proprietà gastronomiche e salutistiche. L'odierno nome del carciofo deriva forse dalla parola araba Harsciof o Al-Kharsuf che significa spina di terra e pianta che punge. Ci hanno sempre fatto credere che il carciofo fosse un ortaggio di aspetto poco bello per via delle sue spine appuntite, ma la leggenda ci racconta un'altra storia. 

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Cicoria fresca con patate

Cicoria con patateRiscoprire il gusto di andare per campi e boschi, respirare l'aria fresca, sentire il rumore del vento tra gli alberi è un'esperienza che rigenera la mente e il fisico.
Quando ero bambina, la domenica mio padre mi svegliava all'alba e insieme andavamo in campagna a piedi. Lui andava avanti sicuro su un sentiero in collina ed io, felice, lo seguivo. Ricordo ancora la luce del sole che nasceva luminoso e ogni volta che ritorno su quel sentiero ripenso a lui e a quante occasioni perse, sono seguite dopo.
Ma ora è tempo di tornare a "casa", dalla Madre terra che ci regala sempre un'alba, un bosco da ammirare, una distesa di fiori di campo da fotografare, una miriade di erbe spontanee da raccogliere e gustare.
Unica raccomandazione per i nuovi amanti del cibo spontaneo: rispetto assoluto. Raccogliete solo le erbe commestibili che conoscete perfettamente, se avete dubbi andate oltre. Raccoglietele sempre con parsimonia per dare loro la possibilità di rinnovarsi, e dare a noi una prossima "volta".

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Cuori teneri sott'olio

Carciofi olio di Sara

Il carciofo, l'ortaggio dal cuore tenero, deriva biologicamente dal cardo selvatico, cardus in latino e cugùntzula in sardo. 
Benché conosciuto fin dall'antichità, la sua produzione nell'isola inizia solo dopo la prima guerra mondiale, interessando soprattutto il territorio del Medio Campidano. Veniva coltivato in piccoli orti per il consumo familiare. Gli impianti erano modesti con un massimo di 50-100 piante, situati spesso tra i filari dei vigneti. 

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Fave fresche saporite

Fave fresche saporite

Filari di piccole piante disegnano gli orti e le campagne lontano dalle città. I loro  baccelli verdi contengono un legume tanto amato dai sardi ma anche temuto.

Amato perché viene consumato in tanti piatti tradizionali. Temuto perché legato ad una malattia genetica dei globuli rossi, conosciuta come favismo. 

Il suo nome è “Vicia faba”, la Fava.

Questo dualismo era già presente nell'antichità. Si racconta che Cerere, la dea della terra e della fertilità avesse donato a una città dell’Arcadia i semi di tutti i legumi tranne quelli delle fave, perché una superstizione voleva che nelle fave “dimorassero le anime dei morti”. Credenza avvalorata anche da Pitagora e dagli stessi usi sardi, che vogliono le fave secche, tra i doni per le anime nella ricorrenza dei defunti.

Anche i Romani le consumavano con uova, miele ed erbe varie. In primavera, durante i festeggiamenti dedicati alla dea Flora, protettrice della natura che germoglia, i Romani le gettavano sulla folla in segno di buon augurio. Concluse le feste, però, la fava tornava ad essere considerata impura e relegata ai soli riti religiosi per i defunti.

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Favette alla mentuccia

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Secondo una credenza popolare, chiunque trovi sette semi in un baccello di fava avrà un periodo di grande fortuna.

Io ci ho provato, ma per ora niente, sette semi non li ho ancora trovati!

Vero è che la pianta delle fave porta fortuna all'intero orto, infatti arricchisce il terreno di azoto e attira su di sé tutti i parassiti, che di conseguenza non infestano gli altri ortaggi.

Questa piccola pianta è un ortaggio annuale originario dell’Asia. In Sardegna viene consumato  crudo o cotto,  fresco o secco a seconda delle stagioni.

In inverno si utilizzano le fave secche per piatti succulenti come la Favata Sassarese o Fave secche con cotenna di maiale.

La primavera, invece, è il periodo della raccolta delle favette fresche, così InsulaGolosaRicette ha scelto una delle tante ricette dei pastori e dei contadini, per augurare a tutti buona fortuna.

Ecco la ricetta delle favette bollite profumate alla mentuccia.

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Finocchi alla sarda

finocchio in padellaAnticamente i finocchi, come altre piante aromatiche, venivano, utilizzati in cucina per conservare e insaporire la carne di maiale e, a volte, anche per confondere il sapore della carne un po' andata.
Disponibile a km 0 per tutto l'inverno fino alla primavera inoltrata, il finocchio è un ortaggio molto versatile e si può consumare a crudo o cotto.
Sulle tavole sarde viene utilizzato per accompagnare di piatti di carne elaborati, perché è un ottimo depurativo e digestivo. 
Tra le tante ricette InsulaGolosaRicette vi suggerisce un contorno molto semplice, il finocchio alla sarda, ideale per le occasioni informali oppure per un pranzo o una cena improvvisa, quando si è costretti a recuperare qualcosa dalla dispensa.

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