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Archimissa, Ispigula areste, Spigu

LavandaIn primavera, nella macchia mediterranea più selvaggia, tra il cisto e il lentisco, spuntano i fiori viola- bluastri d

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Carnevale, ogni dolce vale

Casalinghe disperate... mai♥

Erica

Scopa mascius, sabina femina, tuvura, Era, Kastanariu, Iscoba

Erica arborea

Il paesaggio sardo, in primavera, si veste di tanti colori. Tra la macchia spuntano anche i piccoli fiori penduli dal color bianco crema dell'erica arborea, un piccolo arbusto sempreverde,  appartenente alla famiglia delle EricaceaeLa sua fioritura si ha fra gennaio e marzo con fiori bianchi o rosati, come campanule, riuniti in infiorescenze a grappolo, dal profumo elegante.

L'arbusto si presenta con una corteccia rossastra, e numerosi rami a portamento quasi eretto. Le sue foglie sono aghiformi, coriacee e persistenti, sono di un verde scuro brillante.
Mentre i suoi frutti sono capsule contenenti numerosi piccoli semi. 

L'erica arborea resiste al passaggio del fuoco emettendo nuovi getti dalla radice. Il suo è un ottimo legno per lavori al tornio o di intarsio. E i suoi “ciocchi”, i ceppi radicali, molto duri e poco combustibili, vengono utilizzati per la fabbricazione delle pipe di erica bianca. Le venature del legno risultano più evidenti con la lucidatura. 

E' chiamata anche la scopa dei boschi perché con le sue fronde si costruivano scope grossolane, per le aie e per gli ovili. Dal ceppo radicale d'erica sarda si confezionavano le pipe, considerate le migliori del mercato.

L’Erica non viene utilizzata in cucina, ma è una pianta mellifera, molto amata dalle api che bottinano i suoi fiori e ci regalano un miele scuro e dal profumo delicato e sottile dalle grandi qualità organolettiche. Plinio, già in tempi passati, lo soprannominò miele ericeo.

 

Ippocastano

Kastangia burda, Castànza de India

Ippocastano

Nei giardini, nei parchi, nei viali, nelle case cantoniere e nei giardini di scuole o di edifici pubblici si può ammirare un albero molto appariscente e gradevole, è l'ippocastano.
Originario della penisola Balcanica, in Sardegna fu introdotto all’inizio del 1800 dal Marchese di Vallermosa a Villa d’Orri a Capoterra. Nei boschi e nelle foreste è praticamente inesistente.

Molto simile al castagno, l'ippocastano è un albero caducifoglio maestoso ed elegante, dall'aspetto tondeggiante; può raggiungere i 20-30 metri di altezza con una chioma allungata e ampia, molto ombrosa. Le sue foglie seghettate, sono di color verde brillante nella parte superiore e verde più chiaro in quella inferiore. In autunno assumono una tipica colorazione gialla-rossastra.  

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Lavanda selvatica

Archimissa, Ispigula areste, Spigu

LavandaIn primavera, nella macchia mediterranea più selvaggia, tra il cisto e il lentisco, spuntano i fiori viola- bluastri della lavanda selvatica. Già amata dai Greci e i Romani, per il suo profumo intenso, con cui di facevano piacevoli bagni, in Sardegna la lavanda selvatica veniva utilizzata, insieme all'elicriso, per bruciare le setole dai maiali macellati e profumare così la carne. In alcuni paesi, durante la Settimana di Pasqua, viene ancora raccolta per abbellire i rami di ulivo e le palme benedette, perché una leggenda vuole che la Madonna avesse steso i panni di Gesù su questa meravigliosa pianta profumata. 

 

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Le voci del bosco

Dedico questa pagina ai Boschi della Sardegna, da me tanto amati, proponendo un passo dello scrittore Mauro Corona. Nel suo libro, “Le Voci del bosco”, Corona parla degli alberi e con gli alberi, individuandone carattere e inclinazioni. Le stesse voci le possiamo sentire nei boschi isolani perché Mauro Corona, con il suo animo gentile e la sua penna irruenta, mi ricorda la natura selvaggia della nostra terra e il temperamento dei sardi.

Buona lettura

Piante del bosco

 

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Palma nana

Pramma agreste, Buatta

palma nana

La palma nanapalma di San Pietro, (nome scientifico Chamaerops humilis L.è un arbusto cespuglioso della macchia mediterranea, con fusto breve tipico nelle zone  a pascolo e fusto alto nelle zone più inaccessibili. In Sardegna si trova soprattutto in zone calde, vicino alle coste; predilige terreni soleggiati, rocciosi o sabbiosi e teme il freddo intenso.

I greci la chiamavano phoenix chamaeriphes, letteralmente "palma gettata per terra", per il suo portamento: si presenta come un cespuglio sempreverde, che può raggiungere altezze sino a 2 metri.
Le foglie sono larghe a ventaglio, rigide ed erette, sostenute da lunghi piccioli spinosi riuniti a ciuffi sulla sommità del fusto, di colore verde sulla pagina superiore e quasi bianco sulla pagina inferiore.

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Peonia di montagna

Arròsa de monti, rosa de monte, arròsa de padenti, arròsa piònica, arròsa de margiani, rosa de coga.

peonia

Ad aprile e a maggio tra le rocce dei freschi altopiani del Gennargentu e del Limbara del fino ad arrivare ai Monti di Marganai e del Monte Linas, sboccia una rosa selvatica, che annuncia l'arrivo della primavera è la peonia rosa di Moris, una specie endemica del sistema Sardo-Corso. 

I pastori la chiamano, S’arrosa de monti, la rosa di montagna perché cresce solo lontano dal mare, dove l’inverno colora di bianco ogni cosa.

La peonia rosa ama il fresco e vegeta tra i 600 e i 1200 m. Durante il periodo della sua fioritura regala esemplari bellissimi e molto folti, spandendo intorno un delizioso profumo speziato.

Non appartiene alla famiglia delle Rosaceae, ma la sua famiglia botanica è quella delle Paeoniaceae, in particolare alla sottospecie Paeonia mascula. a pianta è debolmente tossica.

La specie è dedicata al botanico torinese Giuseppe Giacinto Moris (1796-1869), autore di Flora della Sardegna. Il nome corretto di questa specie è probabilmente Paeonia corsica Sieber ex Tausch.

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Pungitopo

Ruju che frusciu
(rosso come le bacche del pungitopo)

Pungitopo

Nel freddo dell'inverno, la macchia mediterranea e il sottobosco si macchiano di rosso. Piccole bacche scarlatte, lucide e turgide, sbucano preziose tra il verde dei fusti e delle foglie, annunciando l'arrivo del Natale e del nuovo anno.

Sono le bacche del pungitopo, i frutti di una pianta sempreverde, indicatrice di mediterraneità e componente del sottobosco di pinete e leccete.
Presente in gran parte dell'isola, il pungitopo è, assieme all'agrifoglio, il simbolo di Natale, della luce e della abbondanza. Considerata pianta di buon auspicio di fertilità dell'anno che incalza, la sua presenza nella vita quotidiana si ricollega a diverse storie e leggende creando intorno a sé, una soffusa magia.

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Sambuco

Sambucu, Sauccu, Scovedu

Frutti di sambuco

Il sambuco, sambucus nigra, è una piccola pianta molto diffusa in tutta Europa e nel Mediterraneo, soprattutto nella macchia e in prossimità di ruderi, talvolta anche nei boschi. Predilige gli argini e i greti di ruscelli.

Anticamente si credeva che le streghe potessero trasformarsi in sambuchi per sfuggire all'Inquisizione, da qui l'idea che fossero alberi stregati. Un sambuco, piantato vicino alla casa, proteggeva dagli incantesimi malvagi, dai ladri e dai serpenti.

Il sambuco è sicuramente un arbusto generoso. La sua corteccia, che si stacca in primavera e in autunno, è un ottimo ingrediente per decotti e bevande a miscelare con il vino.

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Zafferanastro giallo

Sternbergia lutea

zafferanastro

In autunno la campagna si colora di toni caldi e avvolgenti. Tra i ricci spinosi delle castagne e le foglie cadute si intravedono dei piccoli crocus giallo-dorati.

Sono i fiori della Sternbergia lutea, comunemente conosciuta come zafferanastro giallo.

La loro fioritura inizia a settembre e si protrae fino a novembre inoltrato. Insieme ai fiori vengono prodotte le foglie verdissime, leggermente carnose. Il fogliame della Sternbergia lutea rimane in vegetazione fino alla primavera, quando dissecca per preparare la pianta al riposo vegetativo estivo. Il suo bulbo è altamente tossico.

 

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I Colori della Salute

In Sardegna chi non ha mai visto un banchetto di frutta e verdura davanti al portale in legno? E un'anziana signora che vi invita a provare le prelibatezze colorate?

E chi di voi non ha mai gustato una bella insalata mista, con tante verdure,  o una coppa di macedonia con frutta fresca? E' un vero piacere per gli occhi, con tutti quegli stupendi colori, ma soprattutto è un toccasana per la salute del corpo e della mente.

É ormai risaputo che i pigmenti della frutta e della verdura, comunemente chiamati fitonutrienti, producono effetti benefici sull'organismo. Inoltre c'è uno stretto legame tra il colore e l'azione antiossidante che contrasta i radicali liberi e aumenta le difese immunitarie. I colori della salute si possono dividere in 5 gruppi: rosso, giallo-arancione, blu-viola, verde e bianco.

ROSSO Pomodori, arance rosse, ravanelli, peperoni, bietole rosse, anguria, ciliegie, fragole, ribes, lamponi, melograno ecc. sono caratterizzati dalla presenza di due fitonutrienti: il licopene e le antocianine. Il licopene, contenuto soprattutto nel pomodoro e nell'anguria, è un valido antiossidante che mantiene sane le cellule e previene tumori e patologie cardiovascolari. Le antocianine, di cui sono particolarmente ricche arance rosse, fragole e ciliegie, sono fondamentali nella protezione dei vasi sanguigni e contro la fragilità capillare. Inoltre prevengono l'aterosclerosi e potenziano la vista.

albicocca sardaGIALLO-ARANCIONE La frutta e le verdure di questo colore (arance gialle, pesche, albicocche, melone, carote, zucca, mais, pompelmi, banane, ananas, papaia, peperone giallo, zucche) contengono vitamine C e A che rafforzano le difese immunitarie. Come è noto contengono il betacarotene che svolge una notevole funzione antiossidante e addirittura sembra possa aiutare a prevenire alcuni tipi di tumore e di malattie a livello cardiaco.


BLU-VIOLA Melanzane, frutti di bosco (mirtillo, ribes nero, lamponi) uva rossa e nera, fichi, radicchio, more, prugne ecc. contengono le antocianine, i carotenoidi ed il resveratrolo. Proteggono la fragilità capillare e le vie urinarie, migliorano la visione notturna, riducono gli infarti e gli ictus. Principalmente il resveratrolo è uno dei più potenti antiossidanti che previene le malattie cardiovascolari.

favetteVERDE Insalata, prezzemolo, basilico, rosmarino, asparagi, broccoli, rucola, spinaci, zucchine, kiwi, piselli ecc. contengono clorofilla, carotenoidi, folati, magnesio e polifenoli. La clorofilla possiede proprietà  antiossidanti, astringenti e cicatrizzanti. L'acido folico (o vitamina B9) protegge dall'anemia e dai tumori. Inoltre aiutano a ridurre lo stress e l’affaticamento.

BIANCO A questa categoria appartengono le cipolle, l’aglio, lo scalogno, i cavolfiori, i finocchi, le pesche bianche ecc; i loro fitonutrienti favoriscono una corretta assimilazione dei grassi contenuti negli alimenti e quindi aiutano a combattere il colesterolo.

I frutti autunnali

E' autunno, stagione di passaggio e di metamorfosi. La natura si mescola con la luce ambrata regalando pomeriggi sempre più brevi. Gli animali al pascolo si muovono lenti e il tintinnio dei campanacci si confonde con l'abbaiare lontano dei cani fonnesi. Ma ogni giorno, un'altra alba è pronta a sorgere e gli alberi da frutto sono vivaci e generosi, prima che tutte le foglie cadono, aranciate e violacee, dipingendo i sentieri di tappeti variopinti.
Andiamo a vederli più da vicino, i nostri frutti autunnali.
  

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I frutti boschivi

Per secoli le genti di montagna, soprattutto del Gennargentu, hanno coltivato e curato i frutti boschivi regalati da madre terra. Da settembre fino a dicembre le castagne, le nocciole, le mandorle e tanti altri frutti in guscio sono protagonisti indiscussi dei mercatini dell'isola e di tutte le  tavole. Non c'è sagra o festa paesana dove i venditori di caldarroste non si esibiscono con le scintille del fuoco prodotte della cottura delle castagne; per non parlare delle nocciole caramellate vendute nei banchetti degli ambulanti, in coni di carta come ai vecchi tempi. Il profumo si sente da lontano, suscitando  emozioni sottili che regalano i sorrisi dei bambini e degli adulti.

Il consumo dei frutti boschivi è legato soprattutto alla produzione di dolci e di torroni, in perfetta sincronia con le feste natalizie, quando la tradizione dolciaria dà il meglio di sé.
Ecco alcuni suggerimenti per ripetere queste delizie anche a casa tua

 

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I frutti dimenticati

Giuggiola, ciliegia, mela appicadorza, mandorle, nespole: nomi che ci riportano bambini, amorevoli vezzeggiativi con cui eravamo chiamati noi, "i più piccoli della famiglia". I loro colori e il loro profumo ci rimandano al bosco, alle foglie cadute, alle risate  con gli altri bambini arrampicati sul tronco degli alberi per raccogliere il frutto più in alto. Belli, succosi e vellutati, i frutti dimenticati dai più, hanno origini orientali, provengono dal nord Africa o addirittura dalla Siria.

In Europa la loro coltivazione ha origini antichissime, furono proprio gli antichi romani a diffonderli in tutto l'impero, dopo le campagne di conquista e ad attribuire loro questi nomi esotici.
Fin dal tardo Medioevo, durante l'autunno i cespugli spontanei, le piante coltivate negli orti e i frutteti di casa regalano gli "esotici frutti dimenticati" e vengono conservati per il consumo nei mesi più freddi. Pensiamo alle nespole, alle mele cotogne, alle noci, alle melagrane, alle giuggiole, alle ciliegie, alle pere e alle prugnole, tutti frutti dimenticati, chiamati anche frutti del passato.

InsulaGolosaRicette vuole ritornare al futuro e riassaporarli.

 

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I frutti spontanei

In Sardegna non c'è stagione preferita per passeggiare in campagna. Tutte le stagioni sono ottime. L'inverno è ideale per le lunghe camminate, la primavera per la scoperta dei fiori, l'estate è  l'occasione per arrivare alle spiagge e l'autunno è la stagione dei frutti più buoni. Tra le siepi della macchia, nella boscaglia e nei prati incolti, lungo le coste marine e i corsi d'acqua si trovano arbusti e alberi spontanei che producono frutti succosi, invitanti e colorati. Negli ultimi anni c'è stata una riscoperta dei frutti spontanei e genuini e vale la pena ricordarli ai più, anche perché fanno parte della tradizione contadina e della nostra storia. Usati in cucina, valorizzano i piatti in modo originale e creativo, regalando un plus di ricercatezza.
InsulaGolosaRicette ripropone i più conosciuti nella speranza che nei cuori di tutti ci sia la consapevolezza che la raccolta e il consumo dei frutti spontanei sia gentile e riservato, perché madre natura è generosa con tutti.

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Il Mare in Tavola

Il Mediterraneo infinito e un uomo solo. Con la sua barca approda su un'isola deserta che cela un grande segreto. L'acqua è di cristallo increspata di smeraldo. Tra gli scogli a picco sul mare, l'uomo scorge una grotta dove vive una divinità gigantesca con un occhio solo...  sulle rocce a pelo d'acqua si intravedono le sue impronte.

Appare un'ombra enorme, il sole accecante sull'acqua cristallina, annienta l'eroe e gli fa dubitare della sua stessa vista. L'istinto gli dice che deve andare avanti, anche se gli dei lo puniranno, perché ha superato il limite del conosciuto. Questa terra sta oltre le colonne d'Ercole dove nessun uomo può andare. L'eroe non sa, se potrà mai rivedere la sua Itaca.

Stop! Ulisse? Polifemo? Eroi? Avventure? Miti? Ovvio che sì, siamo in Sardegna, ma la storia che vogliamo raccontare non è questa.

grotta

Il filosofo Platone, nei due Dialoghi Timeo (421 a.C.) e Crizia, parla di "un'isola più grande della Libia e dell'Asia messe insieme" collocata oltre le Colonne d'Ercole. Un continente, una volta ricchissimo potente e popoloso, inghiottito dal mare nel giro di un giorno e una notte perché gli dei vollero punire i suoi abitanti, diventati malvagi e empi".

L'isola più grande del Mediterraneo, non può essere che la Sardegna, un continente tutt'altro che scomparso. Diverse civiltà si sono susseguite e tutte legate al mito del mare e della pesca. Circumnavigando l'isola assaporiamo influenze fenicie e tunisine, genovesi e catalane. Basti pensare a Carloforte e Sant'Antioco. qui si trovano alcune delle più antiche tonnare del Mediterraneo, figlie di Tabarka e di Genova.

La cucina è fortemente basata sulla pesca del tonno rosso, rito indiscusso ancora oggi, e sui prodotti collegati a tale pesca, come la bottarga, il cuore di tonno, il Musciame, la Buzzonaglia, il Lattume.

Non dimentichiamo il Cascà, un cus cus di semola con sole verdure, anch'esso di origine tabarchina, realizzato anche in versione marinara, con i crostacei e i molluschi.

Navigando verso Oristano e Cabras, fino a raggiungere Bosa, sono molto apprezzate le anguille. Gli stagni sono ricchi di pesce e dalle loro uova si produce la bottarga di muggine (uova essiccate sotto sale) che può essere consumata in sottili strisce condita con olio, oppure grattugiata sulla pasta o sui carciofi.

Altro prodotto caratteristico è Sa Merca, realizzata con tranci di muggine lessati in acqua salata e avvolti nell'erba palustre, Sa zibba (in italiano Obione). La sua particolarità sta nella salatura che ne rende possibile il consumo anche diversi giorni dopo la sua preparazione. Si può inoltre gustare una variante della Burrida (gattucio), con i muggini.

Forti influssi catalani da Alghero fino alle Bocche di Bonifacio. I piatti a base di pesce e crostacei sono innumerevoli con ricette che esaltano le qualità locali. Ad Alghero le aragoste, regine della tavola, vengono cucinate alla catalana ossia bollite con pomodori, sedano e cipolla e accompagnate con una salsa ottenuta dalla testa con aggiunta di succo di limone, olio d'oliva, sale e pepe. Anche la razza in agliata è una specialità algherese e si prepara lessandola e ricoprendola di sugo di pomodoro, aceto, aglio e prezzemolo.

Approdando a Santa Teresa e nell'arcipelago della Maddalena, le insalate di polpo sono una tipica specialità, mentre ad Olbia si gustano i piatti a base cozze, vongole veraci e arselle.

Secondo alcune recenti scoperte sembrerebbe che il garum, un'antica salsa di pesce in aceto e miele, molto apprezzata dai patrizi romani, provenisse anche dalla Sardegna. Gli scavi effettuati nella zona del porto di Cagliari testimoniano come le antiche popolazioni delle coste cagliaritane non abbiano mai interrotto i rapporti con il mare e con la pesca.

A Cagliari i piatti tipici sono la Fregula cun cocciula (fregula con le vongole); le Còcciula e cozzas a schiscionera (vongole e cozze cucinate in tegame), e poi la Burrida a sa casteddaia, un piatto a base di gattuccio marino, aceto e noci), la Cassòla, una zuppa di vari pesci, crostacei e molluschi; l'Aligusta a sa casteddaia, aragosta condita alla cagliaritana, ossia lessata e condita con olio extravergine di oliva e succo di limone; seguono gli spaghetti con vongole e bottarga e gli Spaghittus cun arrizzonis ossia spaghetti ai ricci di mare, una vera delizia, che purtroppo non possiamo assaggiare, perché è stato deciso un fermo biologico di qualche anno per permettere alla specie di ripopolarsi. Che dire, possiamo fare questo sacrificio! 

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