Kastangia burda, Castànza de India
Nei giardini, nei parchi, nei viali, nelle case cantoniere e nei giardini di scuole o di edifici pubblici si può
...Siamo abituati ad utilizzare le erbe aromatiche e le spezie in cucina, ma è bene sapere che sono ottimi per preparare i profumi per l'ambiente. Provate a spargere nell'aria note di cannella o rosmarino, gli ambienti della vostra casa saranno avvolti da un'aurea magica e profumata, molto invitante.
Il rito del buon mangiare è legato al luogo della cucina con le sue stanze attigue, il suo arredamento e il suo allestimento. La tradizione vuole che in cucina ci sia sempre la legna da ardere sistemata vicino al camino e che il forno per il pane, situato nel cortile, sia pronto per essere acceso almeno una volta alla settimana. Gli oggetti di uso quotidiano, come i cesti e le pentole, sono appesi alle pareti; gli utensili da cucina, perfettamente puliti, sostano ordinati sulla mensola. Alle finestre le tende di lino, con le pavoncelle decorate a pibiones, fanno entrare dolcemente la luce abbagliante del sole, riscaldando le stanze.
InsulaGolosaRicette vuole dedicare questa pagina al Corredo buono de sa domu, per intenderci, quello di nonna, ossia l'insieme di tovaglie, tovaglioli, grembiuli, copriletti, tende e..., tutti realizzati a mano con materiali naturali e preziosi.
Piccoli paesi, borghi antichi, centri quasi disabitati, città metropolitane... in Sardegna ogni comunità ha il suo santo, o la sua santa, da venerare e da omaggiare con sagre e feste a loro dedicate.
Tra le tante curiosità che InsulaGolosaRicette può raccontarvi sulle feste religiose, abbiamo scelto S'Arramadura, perché richiama i profumi e i colori della natura.
Ogni tanto sfoglio l’album delle mie fotografie e nelle prime pagine rivedo me con le mie sorelline a giocare in aperta campagna tra i fiori di cisto e di asfodelo. Scatti di felicità con gli zii e i parenti tutti. Sorrido e penso che ora spetta a me regalare ai miei nipotini gli stessi momenti spensierati.
Quindi perché non organizzare un picnic da fare invidia agli americani? Intanto ricordiamoci che i bambini non amano stare troppo tempo in auto, scegliamo così una località vicino a casa dove possono giocare a palla, correre, arrampicarsi sugli alberi, senza incorrere in infortuni gravi, magari vicino ad una fattoria o ad un ovile per stare a contatto con gli animali.
InsulaGolosaRicette vi suggerisce il kit e il menù del picnic perfetto very country.
Il mangiare è un piacere e, se accompagnato dalle buone maniere diventa anche alla moda. Ecco alcuni consigli di InsulaGolosaRicette per star bene a tavola.
La notte prima del 2 novembre è alle porte e la sera si tinge di mistero. Una volta all'anno, le anime dei morti ritornano dall'aldilà e vagano per le vie del paese.; tra i vivi cresce il desiderio di incontrarle.
Nelle case si accendono piccole lanterne (lantias) per illuminare e indicare loro la strada. Sono attesi con affetto e rispetto. Le tavole vengono imbandite con tovaglie ricamate e stoviglie ricercate che le famiglie portano fuori solo nelle occasioni importanti. I prodotti autunnali sono i protagonisti: non mancano mai le fave secche (i cibo dei morti), le castagne, le noci e le nocciole. Tutta la notte è dedicata agli spiriti che per una notte ritornano in famiglia come un tempo che fu.
Ad accogliere le anime ci sono anche i bambini che si travestono con vecchi abiti e si dipingono la faccia con il carbone. Impazienti come solo i giovani sanno fare, tra le risate e un po’ di paura, bussano alle porte dei vicini recitando le litanie in dialetto:
“seus benius po is animeddas”(siamo venuti per le anime);
“mi das fait po praxeri is animeddas” (dammi qualcosa per le anime);
“seu su mortu mortu” (siamo le anime morte);
“carki cosa po sas anima”; (dateci qualcosa per le anime);
Tutte richieste di accoglienza e di doni per le anime dei morti. I paesani aprono gli usci e offrono ai piccoli dolci fatti in casa e frutta secca. I bambini ne fanno incetta e scappano felici, così fino a tarda sera, casa dopo casa. Sui tetti si intravede un barbagianni che sorvola silenzioso nel cielo scuro, guardiano dei vivi e dei morti.
Nelle case illuminate le donne continuano a preparare i dolci per le anime, primo tra tutti il pane dei morti, su pani e' saba, una sorta di piccola pagnotta dolce realizzata con la sapa (mosto di vino) e le noci o le nocciole. Ha un profumo intenso di frutta tostata e di spezie, di legni e di bosco.
E' usanza diffusa consumare su pani e' saba (molto simile alla pabassinas, ma più morbido e più piccolo) davanti al fuoco acceso, con un bicchiere di buon vino secco.
E così un’altra notte è passata, un rito che si ripete nella notte dei Defunti da tempi remoti, quando in Sardegna vivevano solo le Janas nelle domus scavate nella roccia e i Gentiles, i giganti di bell’aspetto, a cui si deve la costruzione dei magnifici monumenti funerari megalitici, presenti in gran parte dell’isola.
Se dite Sardegna, pensate immediatamente all'estate e al colore del mare e del sole. Ma scoprirete un altro colore se avete la fortuna di venire in primavera! Penserete al verde dei prati o al blu della macchia mediterranea. Ebbene no! E' il bianco della luce che domina su tutto.
Il sole è già crudele e allo stesso tempo dolce. Illumina e imbianca il paesaggio, creando spazi immensi. La quiete prende il sopravvento e la tranquillità pervade i sensi. L’istinto primordiale conduce alle spiagge di sabbia finissima.
Bianchissime anche le rocce di natura trachitica o le falesie calcaree e i graniti che le incorniciano.
La più celebre spiaggia bianchissima è quella di Cala Luna, bellezza naturale rimasta intatta, nonostante il grande l'afflusso turistico. Il bianco si esalta per il contrasto con le sue acque di colore verde smeraldo e turchese.
Cala Sisine può impressionare al levarsi della luna piena che emana un riflesso etereo nella notte, mentre Cala Goloritzè, dominata da un obelisco naturale, è famosa per le sfumature chiare che si possono ammirare prima che il sole possa nascondersi dietro gli scogli.
Per gli amanti della quiete bianca è inutile fare una lista, l'unico consiglio è seguire la luce.
Bianca come la luce è anche la camicia del costume degli uomini e dei cavalieri delle corse a cavallo. Si chiama Sa ragas è di lino e viene sempre abbinata al gilet, berretto e giacca, come vuole la tradizione pastorale.
I costumi tradizionali maschili e femminili possono essere ammirati in ogni sagra di paese ma in primavera, precisamente il 1° maggio di ogni anno a Cagliari, la Sagra di Sant’Efisio, mette in scena uno straordinario spettacolo di folclore e di grande religiosità, in onore del santo che liberò la città dalla peste nel 1656.
Il Bianco è anche il colore di baballottis (gli incappucciati, senza volto e senza tempo del venerdì Santo ) e del velo che copre il corpo di Gesù deposto, nelle processioni pasquali delle antiche 7 città regie della Sardegna: Castelsardo, Sassari, Alghero, Bosa, Oristano, Iglesias, Cagliari.
La notte, la Sardegna si dipinge di bianco sotto la luce della luna nei siti archeologici: nuraghi, domus de janas, necropoli puniche, torri spagnole dormono silenziosi risvegliandosi solo al mattino al rumore del chiacchiericcio dei visitatori, meravigliati dalla loro bellezza.
Così come sono bianchi i piatti tipici, dai sapori forti e decisi ed al contempo semplici e genuini. Una delle prelibatezze più caratteristiche, il pane carasau detto anche Pan di Musica.
In una terra ricca di pascoli e vegetazione i formaggi locali assumono un sapore ed un aroma fuori dal comune, il sapore della tradizione contadina tramandata nei riti con il susseguirsi delle stagioni e delle... maree.
Così come si apprezzano i vini bianchi che accompagnano squisiti dolci. Meritano una segnalazione a parte i bianchittos, dolci di forma piramidale friabili, spesso guarniti con mandorle e diavoletti colorati, le casadas, una sorta di yogurt antichi ed i pirichittus, dolci del cagliaritano.
Uno dei simboli dell’artigianato sardo è la tessitura su telai tradizionali. Fin dall'antichità in Sardegna si realizzano tessuti per tappeti, tendaggi, tovagliati e biancheria. La lavorazione più conosciuta è quella detta a pibiones.
I pibiones (letteralmente “acini d’uva”) sono i rilievi granulari della trama che si ottengono attorcigliando un filo supplementare attorno ad un ago appoggiato sul dritto della tela. Selezionando i punti dove si fanno emergere i pibiones, lentamente si compongono disegni assai complessi.
A Cagliari, presso la Cittadella dei Musei, è possibile visitare la Collezione Luigi Cocco (Museo Etnografico) dove sono esposti pezzi originali dell'Ottocento e Novecento.
Fino a qualche decennio fa il corredo delle fanciulle sarde era composto da pezzi unici, tessuti e ricamati dalle donne di casa. Oggi questi pezzi vengono custoditi con cura e "rispolverati" durante le feste popolari.
É usanza infatti abbellire i balconi e i davanzali delle finestre, con gli arazzi e le coperte tessute a mano, in onore del santo che si festeggia. Immaginatevi una città come Cagliari, moderna e metropolitana, che per una giornata intera, precisamente il 1 maggio, si immerge in un'atmosfera d'altri tempi: le strade vengono addobbate a festa con fiori e piante, i balconi ingraziositi con tessuti finemente lavorati; da una facciata all'altra sbandierano i ritagli di carta colorata stesi in fili di spago e lungo le strade petali di rose e fiori diventano un tappeto per Sant'Efisio.
La magia, il colore e la fede si mescolano per riportarci indietro in un rito, sempre vivo e attuale, dal 1656. Ma la magia più grande è che questo tipo di manifestazioni non si svolgono solo nel centro più importante dell'isola, ma in tutti i paesi e i centri della Sardegna. Ogni mese, ogni stagione è cadenzata da una festa o sagra popolare dove i tessuti in cotone o in lana e i ricami sul lino bianco fanno nella mostra di sé.
BIRDWATCHING . Da Orgosolo ad Alghero, dall’isola di Sant’Antioco e San Pietro alle vette del Gennargentu, varie specie di uccelli popolano l’intero territorio. Si possono avvistare il gheppio, l’astore, il falco pellegrino, lo sparviero e con più fortuna l’aquila reale, superba ed elegante. Nelle scogliere di Bosa si avvista qualche esemplare di avvoltoio grifone, ora in via di ripopolamento dopo un periodo in cui si è temuta l’estinzione.
TRAINATI DA UN AQUILONE. La costa sud ovest della Sardegna grazie alle sue caratteristiche orografiche e metereologiche è un vero paradiso per il windsurf e del kitesurf. Durante la stagione primaverile l’anticiclone delle Azzorre arriva sul Mediterraneo è determina un vento di maestrale ideale per questi sport estremi.
Corre voce che Selvaggio Blu sia il trek più difficile d’Italia, è forse anche il più originale e bello immerso nei paesaggi ancora selvaggi e incontaminati della parte orientale dell’isola. Sospeso tra il blu del mare ed le alte pareti rocciose, è un itinerario che si snoda lungo le magnifiche falesie e mulattiere del Golfo di Orosei. Si parte dalla Guglia di Pedra Longa e si continua lungo le tracce lasciate dai carbonai, percorrendo sentieri a ridosso delle falesie e a picco sul mare fino a raggiungere la spiaggia di Cala Sisine. L’itinerario è in buona parte segnato ma si consiglia caldamente di affidarsi a guide esperte locali che nel territorio certamente non mancano. Prima di loro, oltre ai pastori, i veri angeli custodi di queste montagne a strapiombo sul mare, c’era passato "L'esploratore innamorato", il sardopiemontese Alberto Della Marmora. È stato il primo, nel suo «Viaggio nell’Isola di Sardegna» del 1857, a scrivere del territorio di Baunei.
«Un territorio che è fin troppo facile definire d’incanto. Non si raggiungono altitudini elevate. La cima più alta è Punta Turusèle, 1024 metri sul livello del mare, ma è frequente un netto stacco tra le creste e le vallate, costituite da vere e proprie incisioni sormontate da pareti strapiombanti. Qui la natura geologica è stupefacente, combinata all’azione continua di acqua, vento e pioggia che hanno portato alla forte modellazione del Supramonte, caratteristiche morfologiche stupende, canaloni e codule, cenge e falesie a picco sul mare, pochi pianori».
Quando si dice Sardegna si dice sole. La sua luce, il suo colore, la sua immensità. Ogni giorno nasce, vive e muore per rinascere all'alba del domani. La sua forma è il cerchio, sempre presente nella quotidianità isolana. Il cerchio è continuità e l'infinito. Non ha inizio né fine. E' la spiritualità che si connette con il materiale. L'improvviso lo troviamo dappertutto.
Nei rosoni delle cassapanche intagliate nel legno, nei tradizionali cestini in canna, ceste e corbule in giunco e fieno: “is canisteddus”, di forma circolare con i bordi piatti, “sas crobeddas”, di forma troncoconica con struttura a spirale e decorate con stoffe damascate dai colori vivaci, “is pisceddas”, di forma cilindrica leggermente svasata.
Figure , pazientemente intrecciate a mano dalle cestinaie di Flussio, Sinnai e Ollolai sono diventati oggetti d’arredamento di notevole pregio, decorati con disegni floreali o di animali.
Nella pintadera, lo stampo per il pane, risalente al VIII secolo a. C., realizzato in terracotta decorata con cerchi concentrici incisi.
È un cerchio anche il pane carasau: una sfoglia di pane sottile che viene fatta cuocere al forno due volte e che, a seconda del condimento, ha dato origine a varie derivazioni (con sale e olio diventa “guttiau”, dal maggiore spessore e di forma rettangolare è invece il “pistoccu”).
E se il sole è fonte di vita, è proprio grazie al clima mite e temperato, accompagnato dalla particolare morfologia del territorio, che la Sardegna regala agli appassionati della buona cucina una grande quantità di prodotti tipici. In primis il pane, ricordiamo il pane cicci, la spianata sarda, di pasta morbida, molto simile alla piadina romagnola.
Poi ”su civraxiu” che ha un aspetto rigonfio ma non troppo; mentre pane tipico del Campidano “su modditzosu”, si riconosce dalla morbidezza della pasta e la della crosta esterna croccante. E ancora il pane degli sposi, occasione in cui assume la forma di cerchi intrecciati talvolta con l’aggiunta di elementi di buon auspicio per gli sposi: fedi nuziali, uccellini posati su ghirlande di fiori forgiati con la stessa pasta.
Nel ballo popolare su ballu tundu, il ballo tondo, imperniato su un cerchio che si scompone e ricompone inevitabilmente, dopo ogni variazione coreografica, come a rappresentare il ciclo della vita.
Non ci resta che gioire della vita e della Sardegna.
La bottarga è “il caviale sardo”. Ha origini antichissime; dall’arabo “butarikh” (uova di pesce salate), può essere di uova di muggine o di tonno. La bottarga di muggine è tipica dello stagno di Cabras nell’oristanese. Il vino che ne esalta meglio il gusto è senza alcun dubbio la Vernaccia di Oristano, un DOC di colore giallo ambrato, più o meno carico a seconda dell’invecchiamento. La bottarga di tonno viene lavorata artigianalmente nelle tonnare di Carloforte: le uova diventano le profumate “baffe” ambrate, pronte per essere gustate sulla tavola.
Si possono consumare semplicemente tagliate a fettine sottili con un filo di olio extravergine di oliva oppure grattugiate sul pane o sulla pasta appena scolata.
Un'ottima alternativa è la bottarga con carciofi freschi.
Il sole è uno dei simboli ricorrenti nei gioielli sardi, come altri elementi che rimandano alla natura: bottoni, gemelli, collane e pendenti, catene, gancere, spille, anelli, amuleti e orecchini. Proprio questi ultimi si possono definire come un’eccellenza del settore. Tra tutti i gioielli sardi gli orecchini sono quelli che affascinano di più: solitamente costituiti da un pezzo di corallo lavorato a goccia fasciato da un cerchietto in oro al quale è fissato lo spillo da inserire nel lobo. Degni di nota gli orecchini “a fiocco” e quelli “a palia”, mentre quelli “a torre” (formati da due tronchi di cono o piramide in lamina d’oro uniti per la base e contornati da filo sottilissimo arricchito con granuli) decantano al meglio la cura del particolare dei professionisti del settore.
I murales sono tele all’aperto. Le pareti di edifici prendono "colore" e iniziano a raccontare ai passanti storie comuni. Le sfumature calde dei gialli e dell'ocra narrano le fatiche, le denunce, di una la vita semplice fatta di piccole e grandi conquiste. Vi si leggono i malesseri, le sofferenze ma anche le speranze, la fede di una comunità. Il fenomeno culturale del muralismo ha avuto la sua maggiore espressione in quattro centri isolani: Orgosolo, San Sperate, Villamar e Serramanna. Dozzine e dozzine di pitture parlano della vita del paese, della storia e della cultura.
Ogni primavera le reti vengono calate in mare verso i primi di maggio e vi restano fino al mese di giugno. I tonnarotti sulle barche, al comando del rais, il capo della tonnara, tirano su la rete.
tonni vengono così intrappolati e scortati nel mare Mediterraneo verso altri lidi, dopo che le aste di vendita, vengono chiuse con acquirenti che arrivano da tutto il mondo.
Anticamente la pesca e la lavorazione del tonno si effettuava completamente in loco.
I tonnarotti preparavano le gabbie e dopo averli intrappolati, li infilzano e li issano sulle barche.
Il mare si tingeva completamente di rosso, mettendo in scena uno spettacolo sanguinoso e crudele.
Il mare antistante all'isola di San Pietro e Portoscuso è costellata da diverse tonnare. Pensate che il lembo di costa occidentale sarde anticamente, fino a metà 800, vantava ben 7 tonnare.
Nella foto a destra la Tonnara di Portoscuso.
Il Palazzotto della Tonnara Su Pranu è un'antica costruzione, una vera e propria fortezza autonoma, indipendente dall'esterno, con uno spazio interno di circa cinquemila metri quadri. All'interno un forno e vari magazzini per la conservazione della farina, dei cereali, dell’olio e del vino. Presenti anche le officine per la costruzione dei chiodi e della ferramenta, per la riparazione delle reti da pesca e per gli arnesi per la filatura delle funi.
Fu costruita intorno al 1550 secondo uno schema gerarchico ben definito. La parte superiore della costruzione era padronale, a seguire quella dei diretti collaboratori (Rais, Vicerais e Guardiano) e al piano terra, le abitazioni “Is Barracas”, dimore dei tonnarotti che componevano la ciurma. Vicino alla casa del Rais, una campana di bronzo del peso di 12 KG scandiva le ore per chiamare a raccolta i tonnarotti. Mentre in prossimità dell’abitazione del Guardiano, veniva issata la bandiera con la croce rossa in campo bianco che avvisava l’avvento della mattanza. Nel 1698 fu sistemato, al centro del cortile, un orologio a meridiana conservato, oggi, in Torre. Una copia dell'originale è stata posizionata a lato dell’ingresso dal portone principale. (fonte www.momumentiaperti.com)
L’isola di Carloforte ogni anno, a fine maggio, celebra il tonno con la Sagra del Tonno a Carloforte denominata Girotonno.
In autunno, invece, è la location per la Sagra del cous cous tabarchino, un piatto a base di pesce, verdure e spezie, tipico di Carloforte e proveniente dalla cucina tabarchina.
In Sardegna ogni paese è un'isola nel senso che ogni comunità rivendica con orgoglio le proprie tradizioni, e in gastronomia, i propri piatti. Si pensi che lo stesso piatto viene chiamato in modi diversi e con un dialetto completamente dissimile, a seconda delle zone geografiche o dei paesi che a volte di
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